Circolare Ministero delle Finanze n. 235/98

Oggetto: Disciplina delle forme pensionistiche complementari - Decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni

e integrazioni. Decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

Premessa.

L'art. 1, commi da 5 a 8, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, ha apportato alcune

modifiche alla disciplina delle forme pensionistiche complementari contenuta nel decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, come modificato e integrato dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, recante la "Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare".

Tali norme disciplinano gli effetti temporali del nuovo trattamento fiscale delle prestazioni erogate in forma di capitale dalle predette forme

pensionistiche, introdotto dalla richiamata legge n. 335 del 1995 - coordinando le nuove disposizioni con quelle gia' esistenti nel testo unico delle imposte sui redditi e con quelle in materia di accertamento – e correggono alcuni errori materiali di tipo redazionale contenuti nella predetta normativa.

Ciò premesso, considerato che le suddette disposizioni hanno risolto, tra l'altro, importanti questioni di carattere interpretativo (tenendo anche conto del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, che, con l'articolo 3, ha riformulato la disposizione dell'articolo 48 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) e con l'articolo 9 ha abrogato tutte le disposizioni concernenti la determinazione dei redditi di lavoro dipendente diverse da quelle considerate nel TUIR, cosi' come riformulate dallo stesso decreto legislativo), con la presente circolare vengono forniti alcuni chiarimenti al fine di riassumere la disciplina delle forme pensionistiche complementari con esclusivo riguardo alle disposizioni di carattere tributario relative al regime dei contributi e delle prestazioni. Si fa riserva di fornire ulteriori istruzioni con riferimento ai fondi pensione aperti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 124 del 1993.

1. La nuova disciplina della previdenza complementare.

Com'e' noto, la legge 8 agosto 1995, n. 335, pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 101 alla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 16 agosto 1995, ha

apportato rilevanti modifiche alla disciplina delle forme pensionistiche complementari contenuta nel decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 - emanato in attuazione della legge delega 23 ottobre 1992, n. 421 - successivamente modificato dal decreto legislativo 30 dicembre 1993, n. 585.

Rispetto al testo originario del provvedimento, le modifiche di maggior rilievo introdotte dalla citata legge n. 335 del 1995 consistono:

- nell'abolizione dell'imposta del 15 per cento che i fondi pensione erano tenuti a corrispondere sui contributi ad essi annualmente versati e nella conseguente abolizione del credito d'imposta riconosciuto ai fondi stessi in relazione a tale imposta;

- nella previsione di deducibilita', entro limiti predeterminati, dei contributi versati ai fondi pensione sia da parte dei datori di lavoro che dei destinatari delle forme di previdenza, cosi' realizzando un rinvio della imposizione del reddito destinato al finanziamento previdenziale;

- nella concessione di un incentivo alle imprese, volto ad agevolare lo smobilizzo del T.F.R. e la sua destinazione al finanziamento dei fondi di previdenza;

- nella fissazione di nuovi criteri di imposizione delle prestazioni previdenziali, le quali possono consistere sia in trattamenti periodici che in erogazioni "una tantum";

- nella introduzione di specifiche disposizioni concernenti sia i lavoratori autonomi che gli esercenti attivita' produttive di reddito d'impresa.

2. Ambito di applicazione.

E' opportuno sottolineare che l'esercizio dell'attivita' dei fondi pensione e' subordinato alla preventiva autorizzazione da parte della Commissione di vigilanza sui fondi pensione, la quale trasmette al Ministro del lavoro e della previdenza sociale e al Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica l'esito del procedimento amministrativo relativo a ciascuna istanza di autorizzazione. E' prevista, inoltre, l'iscrizione nell'apposito albo tenuto dalla Commissione di vigilanza anche dei fondi pensione preesistenti, comunque risultino gli stessi configurati nei bilanci di societa' o enti ovvero determinate le modalita' di erogazione delle prestazioni, ivi compresi i fondi che assicurano ai dipendenti pubblici prestazioni complementari al trattamento di base ed al trattamento di fine rapporto. Pertanto, la disciplina civilistica dei fondi pensione, l'ambito applicativo della previdenza complementare e le relative interpretazioni sono di competenza della predetta Commissione di vigilanza. Va, quindi, ricordato, che secondo quanto specificato dalla citata Commissione di vigilanza sui fondi pensione negli "orientamenti interpretativi" approvati il 26novembre 1997 (cui naturalmente si fa rinvio), sono da escludere dall'ambito di applicazione della normativa concernente la previdenzacomplementare quelle forme destinate ad erogare esclusivamente prestazioni di carattere assistenziale per le quali la componente infortunistica, sanitaria o assistenziale assume rilievo tale da collocarle al di fuori della disciplina in esame. La Commissione di vigilanza ha, infatti, chiarito che tale esclusione vale, in particolare, per le forme assistenziali volte a soddisfare bisogni sociali o di vita degli iscritti che eroghino unicamente rimborsi di spese mediche, rimborsi di spese funerarie, ma anche prestiti, borse di studio e altre prestazioni similari. I predetti "orientamenti" della Commissione di vigilanza hanno inoltre affermato che i fondi che erogano prestazioni integrative al T.F.R., in cui l'elemento costitutivo del diritto alla prestazione e' rappresentato esclusivamente dalla cessazione del rapporto di lavoro e, quindi, risulta indipendente dal raggiungimento di requisiti di eta' anagrafica e di anzianita' contributiva, sono altresi' esclusi dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 124 del 1993. Tali fondi possono essere ricondotti in tale ambito soltanto attraverso un adeguamento delle previsioni statutarie che trasformi il fondo in una forma pensionistica complementare sottoposta all'autorizzazione di cui all'articolo 4, comma 3, del medesimo decreto. Resta naturalmente fermo che le posizioni individuali previdenziali di detti fondi possono altresi' essere trasferite, ai sensi dell'articolo 18, comma 7, ultimo periodo, del decreto legislativo n. 124 del 1993, a favore di forme pensionistiche complementari disciplinate dal medesimo decreto. Rientrano, invece, nell'ambito applicativo del citato decreto legislativo n. 124 del 1993 tutte le forme di previdenza, comprese quelle consistenti nell'erogazione di indennita' rientranti nell'art. 16, comma 1, lettera a), del TUIR, diverse dal T.F.R. e dalle indennita' equipollenti. Sono, altresi', comprese le prestazioni per vecchiaia e quelle per anzianita', anche se riconosciute al verificarsi di condizioni e limiti diversi da quelli previsti dall'art. 7 del decreto in esame, nonche' quelle collegate o accessorie a quelle previdenziali, quali in particolare l'invalidita' o la morte del destinatario, espressamente menzionate dall'art. 6, comma 3, del decreto legislativo in oggetto. Va, inoltre, precisato che sono prive di rilievo, ai fini qualificatori, sia le modalita' con le quali vengono effettuate le prestazioni - cioe', in forma di capitale o in forma di prestazione periodica - sia l'ambito di operativita' della forma previdenziale, che puo' essere riferita alla categoria, all'azienda o al gruppo. E' opportuno sottolineare che, per quanto riguarda gli aspetti fiscali, il legislatore ha dettato un'organica e completa disciplina della cosiddetta "previdenza integrativa", sia per quanto concerne il regime delle contribuzioni e delle prestazioni, sia per quanto riguarda i soggetti che possono attuare le forme previdenziali non obbligatorie, sfavorendo dal punto di vista fiscale forme di previdenza al di fuori del sistema delineato dal provvedimento in rassegna.

3. Destinatari della previdenza complementare.

Per quanto concerne l'identificazione dei soggetti che possono fruire della previdenza complementare del sistema obbligatorio pubblico, l'art. 2 del decreto legislativo in oggetto stabilisce che possono essere istituite forme pensionistiche complementari per i lavoratori dipendenti, per i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro, nonche' per i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti. Piu' specificamente la norma prevede che ai fini suddetti:

  1. i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, devono appartenere ad una medesima categoria, comparto o raggruppamento, anche territorialmente delimitato, e devono prestare la loro attivita' presso la medesima impresa o gruppo di imprese;
  2. i lavoratori autonomi e i liberi professionisti (cioe' i titolari di reddito di lavoro autonomo o di reddito d'impresa, iscritti obbligatoriamente ad un forma di previdenza) possono essere organizzati per aree professionali e per territorio;

3. i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro devono appartenere ad un medesimo raggruppamento e possono unirsi ai lavoratori dipendenti delle predette cooperative.

Lo stesso articolo dispone, altresi', che a partire dal 28 aprile 1993, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 124 del 1993: . i soggetti indicati nei precedenti punti 1 e 3 possono istituire esclusivamente forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita; . i soggetti indicati nel precedente punto 2 possono istituire forme pensionistiche complementari anche in regime di prestazioni definite volte ad assicurare una prestazione determinata con riferimento al livello del reddito ovvero a quello del trattamento pensionistico obbligatorio.

4. Finanziamento della previdenza complementare.

L'art. 8, comma 1, del decreto legislativo in oggetto stabilisce, come principio di carattere generale, che il finanziamento delle forme

pensionistiche complementari grava sui soggetti destinatari. La stessa norma dispone, peraltro, che qualora questi soggetti rivestano la qualifica di lavoratori dipendenti o risultino titolari di rapporti d'agenzia, di rappresentanza commerciale o di altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d'opera coordinata e continuativa, al suddetto finanziamento possono essere altresi' tenuti i datori di lavoro o i committenti, secondo le previsioni delle fonti costitutive, le quali determinano la misura dei contributi.

L'ammontare del contributo complessivo da destinare al fondo pensione e' determinato per i lavoratori dipendenti - ai sensi del comma 2 dello stesso art. 8 - dalle fonti istitutive in misura percentuale alla retribuzione assunta a base della determinazione del T.F.R. e tale contributo puo' ricadere anche su elementi particolari della predetta retribuzione oppure essere individuato mediante destinazione integrale di alcuni di questi elementi al fondo.

La medesima disposizione prevede altresi' che per i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti il contributo viene definito in misura percentuale del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche relativo al periodo d'imposta precedente, mentre per i soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro il contributo e' definito in una percentuale degli imponibili considerati ai fini dei contributi previdenziali obbligatori.

Il provvedimento in esame esclude comunque ogni forma di destinazione obbligatoria del T.F.R. al finanziamento del fondo, salvo che per gli assunti di prima occupazione in data successiva al 28 aprile 1993: all'autonomia negoziale delle parti e' stata, infatti, attribuita la facolta' di destinare al fondo anche una quota dell'accantonamento annuale al T.F.R.. In tal caso, le predette fonti istitutive determinano la misura della conseguente riduzione della quota degli accantonamenti annuali al trattamento di fine rapporto.

Come gia' anticipato, per i lavoratori di prima occupazione assunti in data successiva al 28 aprile 1993, il comma 3 dell'art. 8 in commento ha previsto l'integrale destinazione al fondo pensione degli accantonamenti annuali al T.F.R., posteriori all'iscrizione dei lavoratori ai fondi medesimi. Le stesse fonti istitutive provvedono altresi' a fissare le quote di contributi a carico del datore di lavoro e del lavoratore.

Al riguardo, tuttavia, l'art. 8, comma 2, della citata legge n. 335 del 1995 ha previsto la sospensione, per i quattro anni successivi alla data di entrata in vigore della medesima legge, dell'obbligo di destinare integralmente al fondo pensione gli accantonamenti annuali al T.F.R. nel caso che si tratti di imprese con un numero di dipendenti non superiore a 25.

Inoltre, occorre tener presente che il comma 25 dell'art. 3 della medesima legge n. 335 del 1995 ha stabilito - in deroga al disposto dell'art. 8, comma 2, del decreto legislativo in oggetto - che le forme pensionistiche gia' istituite alla predetta data del 15 novembre 1992 (data di entrata in vigore della citata legge delega n. 421 del 1992) possono continuare a prevedere forme di contribuzione in cifra fissa (piuttosto che in percentuale della retribuzione assunta a base della determinazione del T.F.R.), fermi restando, per i soggetti iscritti successivamente al 28 aprile 1993, le condizioni e i limiti alle agevolazioni fiscali previste dall'art. 13 del decreto legislativo n. 124 del 1993 e successive modificazioni e integrazioni. Le disposizioni contenute nell'art. 8 in commento, in tema di determinazione del contributo complessivo da destinare al fondo pensione, non si applicano - ai sensi dell'art. 18, comma 7, del suddetto decreto legislativo - ai soggetti iscritti al 28 aprile 1993 alle forme pensionistiche complementari gia' istituite al 15 novembre 1992 (cosiddetti "vecchi iscritti a vecchi fondi"). Cio' tuttavia non sta a significare che a detti soggetti sia impedito di applicare facoltativamente tale nuova disciplina, prevedendo la destinazione alle predette forme degli accantonamenti annuali al T.F.R. o di parte di essi.

5. Regime tributario dei contributi.

5.1 Contributi dei lavoratori dipendenti.

L'art. 11, comma 1, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha sostituito l'art. 13 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, innovando profondamente il previgente regime fiscale dei contributi previsto dall'art. 13, comma 3, del decreto legislativo n. 124 del 1993, come modificato dall'art. 3, comma 1, del decreto legislativo n. 585 del 1993.

Com'e' noto, ai sensi della originaria formulazione dell'art. 13 del provvedimento in esame, i contributi versati dal lavoratore dipendente ad enti o casse aventi esclusivamente fine previdenziale concorrevano a formare il reddito di lavoro dipendente e per essi era riconosciuta soltanto la detrazione d'imposta di cui all'art. 13-bis, comma 1, lettera f), del TUIR; il limite ivi previsto (comprensivo anche dei premi assicurativi sulla vita, contro gli infortuni e gli altri contributi previdenziali non obbligatori per legge) era stato elevato da lire 2.500.000 a 3.000.000, a condizione che un importo pari all'incremento fosse destinato al fondo pensione. La nuova disciplina contenuta nell'art. 48, comma 2, lettera a), del TUIR, introdotta dalla citata legge n. 335 del 1995 - e recentemente confermata nel nuovo testo del medesimo art. 48 come modificato dall'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314 - ha invece previsto che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente:

a) i contributi previdenziali e assistenziali versati dal lavoratore dipendente (oltre che dal datore di lavoro) in ottemperanza a disposizioni di legge, senza alcun limite di importo;

b) i contributi di assistenza sanitaria versati dal lavoratore dipendente (oltre che dal datore di lavoro) ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformita' a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale per un importo complessivamente non superiore a lire 7.000.000;

c) i contributi versati dal lavoratore alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo in oggetto per un importo non

superiore al 2 per cento della retribuzione annua complessiva assunta come base per la determinazione del T.F.R. e comunque non superiore a lire 2.500.000, a condizione che le fonti istitutive di cui all'art. 3 del decreto medesimo prevedano la destinazione alle forme pensionistiche complementari di quote del T.F.R. per un importo pari all'ammontare del contributo versato. Quest'ultima condizione non si applica, tuttavia, qualora la fonte istitutiva sia costituita unicamente da accordi tra lavoratori promossi da sindacati firmatari di contratti collettivi nazionali di lavoro. Per espressa previsione normativa, ai fini del computo dei suddetti limiti, non si tiene conto delle quote del T.F.R. destinate al finanziamento di dette forme pensionistiche;

d) i contributi versati dal datore di lavoro alle medesime forme pensionistiche complementari, senza alcun limite di importo.

Pertanto, eventuali contribuzioni a carico del datore di lavoro superiori ai predetti limiti del 2 per cento e di lire 2.500.000 non costituiscono in ogni caso reddito per il lavoratore, pur rimanendo ferma l'indeducibilita' dell'eccedenza ai fini della determinazione del reddito d'impresa, come si precisera' in seguito. Invece, eventuali contribuzioni a carico del lavoratore superiori ai suddetti limiti concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente nella misura pari all'eccedenza. E' appena il caso di precisare, peraltro, che per tale eccedenza non compete neppure la detrazione d'imposta di cui all'articolo 13-bis, comma 1, lettera f), del TUIR, relativa ai contributi previdenziali non obbligatori per legge e alle assicurazioni sulla vita dei contribuenti e contro gli infortuni. E' evidente, infatti, che per i contributi per previdenza complementare, pur trattandosi comunque di contributi previdenziali volontari, il legislatore ha inteso stabilire un'autonoma diversa e completa disciplina. Inoltre, il primo comma del novellato art. 13 prevede che, in deroga al comma 4 dell'art. 17 del TUIR, non costituisce anticipazione del T.F.R., e non e' quindi imponibile, la quota di accantonamento annuale al T.F.R. destinata a forme pensionistiche complementari. Cio' premesso, come precisato anche nella precedente circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997, considerato che la nuova formulazione dell'art. 48, comma 1, lett. a), del TUIR ha introdotto una differente disciplina fiscale dei contributi a seconda che gli stessi siano destinati a fini assistenziali ovvero previdenziali, e tenuto conto che i contributi per assistenza sociale facoltativa versati dal lavoratore dipendente sono integralmente imponibili, appare necessario che, ai suddetti fini, i fondi "misti" (che perseguono entrambe le cennate finalita') distinguano le contribuzioni versate per la previdenza da quelle versate per l'assistenza e, in quest'ultimo ambito, separino i contributi per assistenza sociale e quelli per assistenza sanitaria. Tale soluzione deriva dalla esclusivita' dello scopo delle forme di previdenza complementare, stabilita dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 124 del 1993 e confermata dall'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Ministro del lavoro n. 211 del 14 gennaio 1997. A tale riguardo si ribadisce quanto gia' espresso con la citata circolare n. 326/E in merito alla distinzione tra "assistenza sociale" e "assistenza sanitaria" e cioe' che l'assistenza sociale risponde a finalita' fondate esclusivamente sulla solidarieta' collettiva verso soggetti che versano in uno stato di bisogno, mentre l'assistenza sanitaria si rivolge alla cura della malattia, anche se determinata da infortunio, e al ristoro delle spese affrontate per il recupero della salute compromessa da malattia o da infortunio.

Si fa presente, infine, che il decreto legislativo 14 dicembre 1995, n. 579 - richiamato anche nel nuovo testo dell'art. 48, comma 1, lettera a), del TUIR - ha disciplinato il trattamento fiscale e contributivo della parte eccedente l'importo del massimale annuo della base contributiva e pensionabile di cui all'art. 2, comma 18, della legge n. 335 del 1995, destinata al finanziamento delle forme pensionistiche complementari disciplinate dal decreto legislativo n. 124 del 1993. L'importo del suddetto massimale annuo - inizialmente fissato in lire 132.000.000 - per il 1997 e' stabilito in lire 137.148.000 per effetto della rivalutazione sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati calcolato dall'ISTAT (cfr. circolare INPS n. 23 del 30 gennaio 1997) e per il 1998 e' fissato in lire 139.480.000 (cfr. circolare INPS n. 72 del 1 aprile 1998).

L'art. 1, comma 2, del citato decreto n. 579 del 1995 ha stabilito che i contributi eccedenti i limiti percentuali di importo della contribuzione a fondi pensione previsti dall'art. 13, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 124 del 1993, versati ai fondi pensione dai datori di lavoro e dai lavoratori appartenenti a regimi pensionistici precedentemente privi di massimale contributivo, sono deducibili in misura complessivamente non superiore al 10 per cento del reddito annuo eccedente il predetto massimale della base contributiva e, comunque, per un ammontare non superiore a lire 16.800.000, rivalutabile con gli stessi criteri previsti per il medesimo massimale. Conseguentemente, per il 1997 tale limite e' pari a lire 17.455.200 e per il 1998 a lire 17.751.938. I successivi commi dell'articolo in esame indicano, inoltre, le condizioni per la deduzione di detti contributi per i lavoratori che hanno esercitato l'opzione per il sistema contributivo ai sensi dell'art. 1, comma 23, della legge n. 335 del 1995 e fissano la misura della deduzione a favore del datore di lavoro per il caso in cui il versamento dei contributi stessi superi complessivamente la predetta misura del 10 per cento.

5.2 Contributi dei lavoratori soci delle cooperative.

L'art. 48-bis del TUIR, inserito dall'articolo 4, comma 1, del citato decreto legislativo n. 314 del 1997, disciplina le modalita' di determinazione dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e stabilisce che si applicano tutte le disposizioni previste per i redditi di lavoro dipendente contenute nell'articolo 48 dello stesso TUIR, salvo quanto espressamente specificato.

Tra le deroghe, una riguarda la determinazione del reddito di cui all'articolo 47, comma 1, lettera a), del TUIR che assimila ai redditi di lavoro dipendente i compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, a condizione che la cooperativa sia iscritta nel registro prefettizio o nello schedario generale della cooperazione, che nel suo statuto siano indicati inderogabilmente i principi di mutualita' stabiliti dalla legge e che tali principi siano effettivamente osservati. In particolare, la lettera a) dell'articolo 48-bis riporta quanto inizialmente previsto dall'articolo 13, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 124 del 1993. Dispone, infatti, che non concorrono a formare il reddito i contributi versati, dai lavoratori soci o dalle cooperative, alle forme pensionistiche complementari previste dal medesimo decreto legislativo n. 124 del 1993. La deduzione e' ammessa per un importo non superiore al 6 per cento dell'imponibile rilevante ai fini della contribuzione previdenziale obbligatoria e, comunque, per un importo non superiore a lire 5.000.000.

5.3 Contributi dei lavoratori autonomi e liberi professionisti. Il comma 4 del novellato art. 13 del decreto legislativo in oggetto ha aggiunto all'art. 10, comma 1, del TUIR la lettera e-bis) al fine di consentire che dal reddito complessivo dei liberi professionisti e dei lavoratori autonomi (ivi compresi i titolari di redditi di impresa) possano essere dedotti i contributi dagli stessi versati alle predette forme pensionistiche

complementari. La deducibilita' e' ammessa per un importo non superiore

al 6 per cento del reddito di lavoro autonomo o d'impresa dichiarato e non

puo' essere comunque superiore a lire 5.000.000. Di tale disposizione,

peraltro, l'Amministrazione finanziaria ha tenuto conto a decorrere dalle

dichiarazioni dei redditi relative all'anno 1995.

5.4 Contributi del datore di lavoro.

Ai sensi del comma 2 dell'art. 13 del decreto legislativo in oggetto, i

contributi versati dal datore di lavoro alle predette forme pensionistiche

complementari sono deducibili, ai fini della determinazione del reddito

d'impresa, per un importo non superiore, per ciascun dipendente, al 2 per

cento della retribuzione annua complessiva assunta come base per la

determinazione del T.F.R. e comunque non superiore a lire 2.500.000, a

condizione che le fonti istitutive prevedano la destinazione alle forme

pensionistiche complementari di quote del T.F.R. per un importo pari

all'ammontare del contributo erogato. Il superamento dei limiti quantitativi

comporta l'indeducibilita' della parte eccedente. Per espressa previsione

normativa non si tiene conto delle quote annuali di T.F.R. destinate al

finanziamento delle forme pensionistiche in esame. Considerato che

l'utilizzo delle quote annuali di accantonamento al T.F.R. determina una

riduzione dell'autofinanziamento per i datori di lavoro, con eventuali costi

aggiuntivi di reperimento di fonti esterne, il comma 6 dell'art. 13 ha previsto

la deducibilita', ai fini della determinazione del reddito d'impresa, di un

importo non superiore al 3 per cento delle quote di accantonamento

annuale al T.F.R. destinate a forme pensionistiche complementari. Tale

importo, accantonato in un'apposita riserva di utili in sospensione

d'imposta, designata con riferimento al decreto legislativo in oggetto,

concorre a formare il reddito nell'esercizio e nella misura in cui sia

utilizzato per scopi diversi dalla copertura di perdite dell'esercizio. Nel

caso di passaggio a capitale della predetta riserva si applica l'art. 44,

comma 2, del TUIR e qualora l'esercizio si sia chiuso in perdita la

deduzione puo' essere effettuata negli esercizi successivi, ma non oltre il

quinto, fino a concorrenza dell'ammontare complessivamente maturato.

5.5 Decorrenza delle nuove disposizioni relative ai contributi.

La legge 8 agosto 1995, n. 335, e' entrata in vigore il 17 agosto 1995 -

giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale - ma non

ha fissato specifiche decorrenze in merito al nuovo regime fiscale dei

contributi in questione. Al riguardo, come specificato nella circolare n.

46/E del 22 febbraio 1996, rispettando il principio di unitarieta' del periodo

d'imposta, si deve ritenere che tale regime abbia trovato applicazione dal 1

gennaio 1995 (coerentemente sono stati predisposti i modelli di

dichiarazione dei redditi e le certificazioni dei redditi di lavoro dipendente e

assimilati del periodo d'imposta 1995). Tale scelta interpretativa e'

suffragata dal parere del Consiglio di Stato n. 202 del 1996, prot. n. 1084

del 19 aprile 1996.

5.6 Regime transitorio.

L'art. 18, comma 7, del decreto legislativo n. 124 del 1993 ha previsto che

per i destinatari iscritti alla data di entrata in vigore del decreto medesimo

alle forme pensionistiche gia' istituite al 15 novembre 1992 - forme che

possono qui essere definite come "vecchi fondi" - non si applicano le

disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 13 dello stesso decreto,

continuando a trovare applicazione le disposizioni di legge vigenti fino alla

data di entrata in vigore dello stesso provvedimento e cioe' soltanto la parte

dell'articolo 48, comma 2, lettera a), del TUIR relativa alla non concorrenza

alla formazione del reddito di lavoro dipendente degli importi versati a titolo

di contribuzione previdenziale. In tal modo si e' voluto evitare che la nuova

disciplina andasse ad incidere negativamente sulle forme di finanziamento

adottate per i "vecchi iscritti", per tali intendendosi quelli che alla data del

28 aprile 1993 erano destinatari di prestazioni di tipo previdenziale a carico

dei "vecchi fondi". Al riguardo - come anticipato dalla citata circolare

ministeriale n. 326/E - si precisa che la qualifica di "vecchio iscritto" viene

conservata anche dal soggetto iscritto a tale data che ha successivamente

trasferito la propria posizione previdenziale in altri fondi, a condizione che

non si sia verificato il riscatto. Per espressa previsione dell'art. 18, comma

8, del medesimo decreto legislativo n. 124 del 1993, analoga deroga non e'

applicabile ai "nuovi iscritti" ai "vecchi fondi", cioe' a coloro che si sono

iscritti dopo il 28 aprile 1993 o che a tale data avevano semplicemente

maturato il diritto a partecipare alle predette forme pensionistiche.

6. Regime tributario delle prestazioni.

Prima di affrontare lo specifico argomento del regime fiscale delle

prestazioni e' opportuno illustrare, sia pure in estrema sintesi, la nuova

disciplina dei requisiti di accesso alle prestazioni prevista nell'art. 7 del

decreto legislativo n. 124 del 1993, il quale traccia le regole che le fonti

istitutive devono osservare nel definire i requisiti di accesso alle forme

pensionistiche, nonche' quella contenuta negli articoli 6 e 10 del

medesimo provvedimento, riguardante, rispettivamente, il regime delle

prestazioni e dei modelli gestionali e la disciplina della permanenza nel

fondo pensione e della cessazione dei requisiti della partecipazione.

Secondo quanto stabilito dal predetto art. 7, le prestazioni dei fondi

pensione possono consistere nella erogazione di un trattamento periodico

oppure di una somma "una tantum".

Infatti, nell'art. 7, commi 2 e 3, e' stato espressamente stabilito che:

1. le prestazioni pensionistiche per vecchiaia sono consentite solo al

compimento dell'eta' pensionabile, cosi' come previsto nel regime

obbligatorio di appartenenza, purche' il beneficiario abbia partecipato al

finanziamento del fondo pensione con almeno 5 anni di contribuzione;

2. le prestazioni pensionistiche per anzianita' sono consentite solo nel

caso di cessazione dell'attivita' lavorativa comportante la partecipazione al

fondo pensione, purche' il beneficiario abbia partecipato a finanziare il

fondo pensione con non meno di 15 anni di contribuzione e sempreche'

detto beneficiario abbia un'eta' di non piu' di 10 anni inferiore a quella

prevista dal regime obbligatorio di appartenenza per fruire della pensione di

vecchiaia. In deroga a tali requisiti e condizioni, le fonti istitutive delle

forme pensionistiche complementari possono consentire al lavoratore, che

non possegga per intero i predetti requisiti, di accedere gradualmente alle

prestazioni previdenziali in funzione dell'anzianita' maturata. L'entita' delle

prestazioni erogate dal fondo pensione e' determinata - ai sensi del

comma 5 del medesimo art. 7 - dalle scelte statutarie e contrattuali

effettuate all'atto della costituzione di ciascun fondo, secondo criteri di

corrispettivita' ed in conformita' al principio della capitalizzazione, in base

al quale l'ammontare delle prestazioni erogate dal fondo dipende dall'entita'

dei versamenti effettuati, dai criteri con i quali sono state investite le

disponibilita' e dal rendimento dei relativi investimenti. Il comma 4 dell'art. 7

in commento consente al lavoratore, che abbia partecipato al

finanziamento del fondo pensione con non meno di 8 anni di contribuzione

consistente in quote di trattamento di fine rapporto, di conseguire, nei limiti

e secondo le previsioni delle fonti costitutive, un'anticipazione in misura

non superiore alla quota della sua posizione individuale corrispondente

all'accumulazione delle quote del T.F.R. di sua pertinenza. Il comma 6,

lett. a), del medesimo art. 7 stabilisce che le stesse fonti costitutive

possono prevedere, altresi', la facolta' del titolare del diritto di chiedere la

liquidazione della prestazione pensionistica complementare sotto forma di

capitale, secondo il valore attuale, per un importo non superiore al 50 per

cento della prestazione maturata alla data della richiesta. Inoltre, il comma

3 dell'art. 6 prevede la possibilita' di erogare prestazioni correlate all'ipotesi

dell'invalidita' e della premorienza, mentre il comma 1, lett. c), dell'art. 10

prevede il riscatto della posizione individuale per l'ipotesi in cui vengano

meno i requisiti della partecipazione alla forma pensionistica

complementare, stabilendo che lo statuto del fondo pensione ne disciplini

le misure, le modalita' e i termini di esercizio del relativo diritto. Per

espressa previsione dell'art. 18, comma 7, primo periodo, di detto decreto

legislativo, le suddette norme non si applicano ai vecchi iscritti ai vecchi

fondi. Riepilogando, le prestazioni che il fondo pensione puo' erogare in

base alle disposizioni sopra richiamate possono essere cosi' riassunte: .

prestazioni consistenti in trattamenti periodici per anzianita' o vecchiaia

(art. 7, commi 2 e 3); . prestazioni in forma di capitale (art. 7, comma 6,

lett. a); . anticipazioni (art. 7, comma 4); . prestazioni per invalidita' e

premorienza (art. 6, comma 3); . riscatti (art. 10, comma 1, lett. c). Cio'

premesso, vengono ora prese in esame le disposizioni dell'art. 13 del

provvedimento in oggetto onde precisare il trattamento tributario delle

prestazioni previdenziali erogate dal fondo pensione.

6.1 Prestazioni erogate in forma di trattamento periodico.

Integrando la previgente disciplina, l'art. 13, comma 7, del provvedimento in

oggetto, come modificato dall'art. 11, comma 1, della legge n. 335 del

1995, ha introdotto nell'art. 47 del TUIR una nuova ipotesi reddituale,

costituita dalla lettera h-bis), avente ad oggetto "le prestazioni comunque

erogate in forma di trattamento periodico" ai sensi del decreto legislativo in

oggetto. La nuova previsione reddituale si colloca, quindi, tra i redditi

assimilati a quelli di lavoro dipendente. Contestualmente, l'articolo 13,

comma 8, dello stesso provvedimento ha introdotto nell'articolo 48 del

TUIR un nuovo comma (comma 7-bis), il cui contenuto e' stato poi

trasferito nell'articolo 48-bis, comma 1, lettera d), in forza del quale tali

prestazioni periodiche costituiscono reddito per l'87,50 per cento

dell'ammontare corrisposto. Il medesimo trattamento tributario si applica in

capo agli eredi nel caso di reversibilita' delle predette prestazioni

periodiche.

6.1.1 Decorrenza della nuova disposizione relativa alle prestazioni

periodiche

La legge 8 agosto 1995, n. 335, nell'introdurre nell'art. 47 del testo unico

delle imposte sui redditi la nuova disposizione contraddistinta dalla lettera

h-bis), non ha previsto una norma di carattere transitorio con la quale

disciplinare gli effetti di detta disposizione. Considerato che bisogna far

riferimento alla data di entrata in vigore stabilita dall'art. 17 della citata

legge, si ritiene che la nuova disciplina si applichi alle prestazioni

periodiche comunque erogate, sia ai nuovi che ai vecchi iscritti, a

decorrere dal 17 agosto 1995.

6.1.2 L'evoluzione normativa.

Il successivo decreto legislativo 2 settembre 1997, n. 314, non e'

intervenuto sulla specifica lettera h-bis del comma 1 dell'articolo 47 del

TUIR. Pertanto, le prestazioni periodiche ivi previste sono sempre

qualificate come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e, come gia'

accennato, la previsione contenuta nell'articolo 48, comma 7-bis, e' stata

trasferita nel nuovo articolo 48-bis, al comma 1, lettera d), dove si precisa

che, in deroga al criterio generale fissato nella prima parte dello stesso

articolo, per le prestazioni periodiche in questione non si applicano le

disposizioni contenute nell'articolo 48 e le stesse costituiscono reddito per

l'87,50 per cento dell'ammontare lordo corrisposto. Va peraltro osservato

che l'esclusione dell'applicabilita' delle disposizioni contenute nell'articolo

48 del TUIR va riferita soltanto all'ammontare da assoggettare a tassazione

che, come gia' precisato e' pari all'87,50 per cento dell'ammontare lordo

corrisposto. Si ritiene, quindi, che anche con riferimento ai trattamenti

periodici sia applicabile il criterio in base al quale si considerano percepiti

nell'anno precedente, se a questo si riferiscono, anche le somme e i valori

percepiti entro il 12 di gennaio dell'anno successivo. Va inoltre evidenziato

che a tali prestazioni periodiche competono le detrazioni di cui all'articolo

13 del TUIR - attribuibili a richiesta dell'interessato - in quanto le stesse

non sono comprese tra i redditi per i quali il comma 3 dell'articolo 47

stabilisce espressamente che l'assimilazione ai redditi di lavoro

dipendente non comporta la possibilita' di attribuire le detrazioni in parola.

Si deve infine precisare che, per effetto delle modifiche apportate

dall'articolo 5, comma 1, lettera c), del citato decreto legislativo 2

settembre 1997, n. 314, all'articolo 16, comma 1, lettera b), del TUIR, alle

prestazioni in rassegna e' applicabile, a decorrere dal 1 gennaio 1998 e in

presenza delle condizioni previste dalla stessa lettera b) dell'articolo 16, il

particolare regime della tassazione separata, come gia' chiarito con la

citata circolare n. 326/E del 1997. Si ricorda, inoltre, che trattandosi di

redditi imputabili secondo il criterio di cassa, ai sensi dell'articolo 7,

comma 3, del TUIR, in caso di morte dell'avente diritto alla prestazione, i

trattamenti periodici corrisposti agli eredi, determinati a norma dell'articolo

48-bis del TUIR, sono assoggettati a tassazione separata in capo a questi

ultimi. In tale ipotesi l'aliquota si determina secondo le disposizioni

contenute nei commi 2 e 3 dell'articolo 18 del medesimo testo unico. Al

riguardo, e' opportuno ricordare che, come chiarito nella circolare n. 3/E

del 9 gennaio 1998, sui redditi soggetti a tassazione separata non e'

dovuta l'addizionale regionale all'Irpef di cui all'articolo 50 del decreto

legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, ne' in autotassazione ne' in sede di

tassazione alla fonte. Inoltre, ai sensi dell'articolo 66, comma 2, del citato

decreto legislativo n. 446 del 1997, per gli emolumenti arretrati di lavoro

dipendente e per quelli a questi assimilati corrisposti agli eredi degli aventi

diritto, la revisione degli scaglioni e delle aliquote dell'Irpef di cui all'articolo

46 del medesimo decreto legislativo ha effetto dai periodi d'imposta che

hanno inizio dopo il 31 dicembre 1999.

6.1.3 L'applicazione delle ritenute d'acconto.

Per quanto riguarda l'assoggettamento a tassazione alla fonte, l'articolo 1,

comma 6, lettera a), del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669,

convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, ha integrato le norme

concernenti l'applicazione delle ritenute alla fonte, e, in particolare, l'art. 24

del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, prevedendo che per le suddette

prestazioni valgono le disposizioni di cui al precedente art. 23 dello stesso

D.P.R. oltre a confermare che la ritenuta su dette prestazioni e'

commisurata all'87,50 per cento dell'ammontare corrisposto.

Successivamente, il citato decreto legislativo n. 314 del 1997, con

l'articolo 7, comma 1, lettera e), ha sostituito il predetto articolo 24. Nella

nuova formulazione e' ora stabilito che i soggetti dell'articolo 23 del D.P.R.

n. 600 del 1973, che corrispondono redditi assimilati a quelli di lavoro

dipendente, devono operare all'atto del pagamento, con obbligo di rivalsa,

una ritenuta di acconto sulla parte imponibile di detti redditi, determinata a

norma dell'articolo 48-bis del TUIR (cioe', per i trattamenti periodici in

esame, sull'87,50 per cento dell'ammontare lordo corrisposto). Qualora la

ritenuta da operare sui predetti redditi non trovi capienza, in tutto o in

parte, sui contestuali pagamenti in denaro, o in assenza di questi ultimi, il

sostituito e' tenuto a versare al sostituto l'importo corrispondente

all'ammontare della ritenuta. Si applicano, in quanto compatibili, tutte le

disposizioni dell'articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973. Il contenuto del

nuovo articolo 24 del D.P.R. n. 600 del 1973 e' stato illustrato nella citata

circolare n. 326/E del 1997 cui si rinvia per gli approfondimenti circa

l'applicazione della ritenuta d'acconto sui trattamenti periodici nei diversi

periodi di paga, le modalita' per l'eventuale attribuzione delle detrazioni per

carichi di famiglia e per lavoro dipendente, nonche' per l'effettuazione del

conguaglio di fine anno o, se antecedente, alla cessazione del rapporto. Ai

chiarimenti contenuti nella circolare n. 3/E del 1998 si rinvia, invece, in

merito all'applicazione della menzionata addizionale regionale all'Irpef. In

questa sede e', invece, opportuno ribadire quanto precisato in linea

generale con la stessa circolare n. 326/E del 1997 a proposito del

sostituto d'imposta tenuto ad effettuare la ritenuta d'acconto. Nella citata

circolare e' stato chiarito che i soggetti elencati nell'articolo 23 del D.P.R.

n. 600 del 1973 sono tenuti ad effettuare le ritenute d'acconto ogni volta

che corrispondono somme o valori determinati a norma dell'articolo 48 del

TUIR ed anche se il percipiente non riveste la qualifica di "proprio"

dipendente o pensionato. Inoltre, e' stato chiarito che, poiche'

costituiscono redditi di lavoro dipendente non soltanto le somme e i valori

che il datore di lavoro corrisponde direttamente, ma anche quelli che in

relazione al rapporto di lavoro sono erogate da soggetti terzi, ne discende

che il datore di lavoro - sostituto d'imposta e' tenuto ad effettuare le

ritenute a titolo di acconto con riferimento a tutte le somme e i valori che il

dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro intrattenuto con lui,

anche se taluni di queste somme e valori sono erogate da altri in virtu' di

un qualunque collegamento esistente con quest'ultimo (ad esempio, diritto

ad ottenerli da terzi, accordo o convenzione, stipulato dal datore di lavoro

con un terzo). Nella stessa circolare e' stato altresi' chiarito che, in questa

ipotesi, tra il datore di lavoro, il terzo erogatore e il dipendente sara'

obbligatorio un sistema di comunicazione che consenta di assoggettare

correttamente a tassazione alla fonte il reddito. Inoltre, a titolo di esempio,

e' stato prospettato il caso del datore di lavoro che stipula un accordo con

un istituto di credito affinche' vengano concessi prestiti a tassi agevolati ai

propri dipendenti, con o senza oneri a carico del datore di lavoro e si e'

concluso per l'obbligo del datore di lavoro di applicare la ritenuta d'acconto

sul corrispondente compenso in natura, liberando contestualmente la

banca dal medesimo obbligo. In senso analogo si e' disposto per l'ipotesi

di distacco del dipendente presso un altro datore di lavoro nel caso in cui

alcune somme e valori siano corrisposti dal datore di lavoro distaccante e

altri dal datore di lavoro presso cui e' stato distaccato il dipendente.

Quanto sopra premesso, tenuto conto che i trattamenti periodici

costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, per i quali, a

norma del comma 1 dell'articolo 48-bis del TUIR, si applicano tutte le

disposizioni dell'articolo 48 (anche se per i trattamenti in questione e' poi

prevista una speciale riduzione della base imponibile), che per

l'effettuazione delle ritenute d'acconto, come gia' precisato, l'articolo 24 del

D.P.R. n. 600 del 1973 prevede l'applicabilita' di tutte le disposizioni

contenute nell'articolo 23 dello stesso decreto e che proprio tale ultima

disposizione contiene l'elencazione dei soggetti che assumono la qualifica

di sostituti d'imposta, ne consegue che l'inquadramento e la disciplina di

tale figura dettata con riferimento ai redditi di lavoro dipendente si rende

applicabile anche a tutti i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

Pertanto, relativamente ai trattamenti periodici il fondo pensione assume la

qualifica di sostituto d'imposta, indipendentemente dalla forma prescelta

per l'erogazione della prestazione, direttamente o tramite terzi, ad esempio

tramite forme assicurative. In questa ipotesi, infatti, la stipula del contratto

di assicurazione crea un rapporto obbligatorio tra fondo pensione e

impresa assicuratrice e, conseguentemente, un rapporto obbligatorio tra

impresa assicuratrice e avente diritto alla prestazione. Per effetto della

stipula del contratto quest'ultimo ha diritto di pretendere l'erogazione della

prestazione dall'impresa di assicurazione, diritto che non sarebbe sorto se

il fondo pensione non avesse posto in essere il collegamento con il

soggetto terzo e, cioe', con l'impresa assicuratrice. In applicazione dei

suesposti principi, quindi, il fondo pensione rimane obbligato ad effettuare

le ritenute di acconto sui trattamenti periodici corrisposti dall'impresa

assicuratrice. Tenuto conto delle incertezze interpretative manifestatesi

prima dell'entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 314 del 1997

relativamente a questo aspetto, e' possibile che siano stati tenuti

comportamenti difformi. Pertanto, nel presupposto che non si e' verificato

alcun pregiudizio per l'erario in quanto le ritenute sono state in ogni caso

versate, ancorche' da soggetto diverso da quello cui tale obbligo incombe,

si ritiene di convalidare il menzionato comportamento adottato ove

beninteso il versamento da parte del soggetto non obbligato sia stato

correttamente eseguito. A tal fine gli interessati provvederanno mediante i

necessari scambi d'informazioni per consentire l'indicazione dei trattamenti

corrisposti e delle ritenute gia' versate nella dichiarazione di sostituto

d'imposta del fondo pensione. Va, infine, ricordato che la citata circolare n.

326/E del 1997, ha illustrato la disposizione contenuta nell'articolo 8 del

richiamato decreto legislativo n. 314 del 1997, concernente il casellario dei

trattamenti pensionistici, la cui disciplina e' stata integrata con le

disposizioni fiscali necessarie a consentire l'esonero dall'obbligo di

presentazione della dichiarazione dei redditi dei possessori di due o piu'

trattamenti pensionistici. A tal fine, infatti, a decorrere dal 1 gennaio 1998,

sono state introdotte nuove modalita' di applicazione delle ritenute di

acconto relativamente a detti trattamenti pensionistici. A tale proposito, si

ricorda che nella predetta circolare e' stato chiarito che nell'ambito

applicativo della disposizione contenuta nell'articolo 8, in funzione della

analoga natura, sono compresi anche i trattamenti periodici corrisposti dai

fondi pensione e che, quindi, detti trattamenti devono essere gestiti

unitamente ai trattamenti pensionistici veri e propri, tenendo conto della

riduzione di imponibile per essi prevista.

6.2 Prestazioni erogate in forma di capitale.

6.2.1 Prestazioni erogate in forma di capitale a lavoratori dipendenti.

Modificando la previgente disciplina riguardante l'imposizione delle altre

indennita' di cui all'art. 16, comma 1, lettera a), del TUIR, il comma 9

dell'art. 13 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 - introdotto dall'art.

11, comma 1, della legge n. 335 del 1995 - ha stabilito che le prestazioni

in forma di capitale (per tali dovendosi intendere le altre indennita' e

somme, diverse dal T.F.R. e dalle indennita' equipollenti, spettanti in

occasione della cessazione del rapporto di lavoro) e i riscatti della

posizione individuale di cui all'art. 10, comma 1, lettera c), dello stesso

decreto, erogate a lavoratori dipendenti e a soci lavoratori di cooperative di

produzione e lavoro, sono comunque soggetti a tassazione separata ai

sensi dell'art. 16, comma 1, lettera a), del TUIR. La medesima

disposizione stabilisce inoltre l'applicabilita' del comma 3 dell'articolo 16

del TUIR in base al quale gli uffici provvedono a iscrivere a ruolo le maggiori

imposte dovute con le modalita' previste nell'articolo 17 dello stesso TUIR

ovvero facendo concorrere il reddito in questione in quello complessivo.

Infatti, i redditi della specie, essendo corrisposti da un soggetto obbligato

ad effettuare le ritenute d'acconto, non devono mai essere dichiarati

poiche', ai fini della tassazione, l'Amministrazione finanziaria ritrae i dati

dalle dichiarazioni presentate dai sostituti d'imposta. Ai fini

dell'applicazione dell'imposta sui redditi in questione la disposizione in

rassegna stabilisce che le prestazioni in forma di capitale "sono imponibili

per il loro ammontare netto complessivo con l'aliquota determinata con i

criteri di cui al comma 1 dell'art. 17 del medesimo testo unico, e

successive modificazioni ed integrazioni, applicando la riduzione annuale

ivi prevista proporzionalmente alle quote di accantonamento annuale al

T.F.R. destinato alla forma pensionistica complementare e l'ammontare

della riduzione stessa applicabile al T.F.R. e' diminuito proporzionalmente

al rapporto fra quota destinata alla forma pensionistica complementare e

quota di accantonamento". La stessa norma prevede, altresi',

l'applicazione dei commi 2, 5 e 6 del medesimo art. 17 del TUIR. In

particolare:

- il comma 2 di detto articolo stabilisce che l'ammontare netto imponibile e'

costituito dall'importo dell'indennita' che eccede quello complessivo dei

contributi versati dal lavoratore, sempreche' l'importo dei contributi a carico

del lavoratore stesso non ecceda il 4 per cento dell'importo annuo in

denaro o in natura, al netto dei contributi obbligatori per legge, percepito in

dipendenza del rapporto di lavoro;

- il comma 5 disciplina l'obbligazione tributaria sui redditi della specie nei

casi di decesso del prestatore di lavoro;

- il comma 6 si occupa dello scambio delle informazioni tra i soggetti

tenuti alla corresponsione delle indennita' e delle altre somme in

dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro.

La norma in rassegna attua quindi un coordinamento tra le disposizioni

concernenti il T.F.R. e le prestazioni erogate in forma di capitale,

prevedendo che la riduzione annuale di lire 500.000 prevista dall'art. 17,

comma 1, del TUIR, - aumentata a lire 600.000 dall'art. 48, comma 2, del

decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, con effetto per i periodi

d'imposta che hanno inizio dopo il 31 dicembre 1997 - si applica anche a

tali prestazioni in proporzione alle quote di accantonamento annuale del

T.F.R. destinate alla forma pensionistica complementare. Cio' premesso,

per quanto concerne specificamente le modalita' di determinazione

dell'aliquota d'imposta applicabile a tali prestazioni, attesa la lettera della

trascritta disposizione, si deve fare riferimento al numero degli anni preso a

base di commisurazione per la determinazione del capitale da erogare,

anche se maturati presso fondi diversi e sempreche' nel passaggio da un

fondo all'altro la posizione individuale del lavoratore sia stata trasferita e

non riscattata. Tale aliquota deve essere applicata sul capitale erogato

dalle forme pensionistiche complementari al netto della contribuzione del

lavoratore non eccedente il 4 per cento dell'importo annuo percepito in

dipendenza del rapporto di lavoro, con esclusione delle quote di T.F.R.

destinate alle forme pensionistiche complementari, come stabilito dall'art.

11, comma 2, della legge n. 335 del 1995. Considerato che, ai sensi

dell'art. 7, comma 6, del citato decreto legislativo n. 124 del 1993, le fonti

istitutive possono prevedere la facolta' del beneficiario di chiedere la

liquidazione della prestazione pensionistica complementare in capitale

secondo il valore attuale, per un importo non superiore al 50 per cento

dell'importo maturato, l'ammontare dei contributi versati dal lavoratore - ai

fini della predetta esclusione dall'imponibile fiscale - deve essere

proporzionalmente ridotto in base alla percentuale di trattamento erogato

sotto forma di rendita. Quindi, nel caso di liquidazione della prestazione in

forma di capitale in misura pari al 50 per cento dell'importo maturato,

supponendo che i contributi versati dal lavoratore in esenzione di imposta

siano pari al 2 per cento della retribuzione annua complessiva assunta

come base per la determinazione del T.F.R., l'ammontare netto imponibile

e' costituito dall'importo della prestazione che eccede quello complessivo

dei contributi versati dal lavoratore in misura non superiore all'1 per cento

della predetta retribuzione. Resta fermo, naturalmente, che qualora il

lavoratore abbia effettuato versamenti in misura superiore al 2 per cento -

con conseguente tassazione dei contributi eccedenti quale reddito di

lavoro dipendente - in sede di determinazione della prestazione imponibile

si deve tener conto anche di detti contributi ai fini della predetta

esclusione. Ad esempio, ipotizzando il caso di un lavoratore dipendente

che abbia un'anzianita' di lavoro di 35 anni e risulti iscritto al fondo

pensione da 9 anni, che abbia devoluto al fondo pensione il 100 per cento

delle quote annue di accantonamento al T.F.R. e abbia diritto a percepire

una prestazione pensionistica complementare pari a lire 150.000.000, di

cui il 50 per cento (lire 75.000.000) richiesta in forma di capitale e un

T.F.R. di 100.000.000, si dovranno effettuare i seguenti calcoli:

a) calcolo della prestazione imponibile: . supponendo che il contributo da

dedurre sia pari all'1% della retribuzione annua e ammonti a lire

10.000.000, si ha:

75.000.000 - 10.000.000 = 65.000.000

b) calcolo del reddito di riferimento:

65.000.000 x 12

---------------------- = 86.667.000

9

c) imposta relativa al reddito di riferimento: 27.333.000

d) calcolo dell'aliquota media:

27.333.000 x 100

------------------------ = 31,53%

86.667.000

e) calcolo della riduzione proporzionale alle quote di accantonamento

annuale del T.F.R. destinate al fondo pensione:

. la riduzione delle quote di accantonamento annuale del TFR destinate al

fondo pensione va riferita al 100 per cento al capitale in quanto l'intera

quota del TFR e' stata destinata al fondo pensione. Complessivamente, si

ha:

600.000 x 9 = 5.400.000

f) calcolo dell'imponibile netto:

65.000.000 - 5.400.000 = 59.600.000

g) calcolo dell'imposta dovuta sul capitale:

59.600.000 x 31,53% = 18.792.400

Ai fini della liquidazione del T.F.R., si dovranno effettuare i seguenti calcoli:

a) calcolo del reddito di riferimento:

100.000.000 x 12

---------------------- =

34.285.714 35

b) imposta relativa al reddito di riferimento:

7.885.000

c) calcolo dell'aliquota media:

7.885.000 x 100

- ------------------ = 23%

34.285.714

d) calcolo della riduzione riferibile alle quote di accantonamento annuale

del T.F.R. destinate al fondo pensione:

600.000 x (35 - 9) = 15.600.000

e) calcolo dell'imponibile netto:

100.000.0000 - 15.600.000 = 84.400.000

f) calcolo dell'imposta dovuta sul T.F.R.:

84.400.000 x 23% = 19.412.000

L'esclusione dei contributi versati dal lavoratore dipendente nei limiti sopra

richiamati, si applica - secondo quanto espressamente disposto dal citato

art. 11, comma 2, della legge n. 335 del 1995 - anche nel caso in cui il

fondo eroghi "anticipazioni" in conformita' a quanto previsto dall'art. 7,

comma 4, del decreto legislativo n. 124 del 1993. In tal caso, si ritiene che

l'imposta si applichi con l'aliquota determinata a norma del citato art. 13,

comma 9, dello stesso decreto legislativo n. 124 del 1993 - come dianzi

illustrato - salvo conguaglio all'atto della liquidazione definitiva della

prestazione.

6.2.2 Prestazioni in forma di capitale derivanti da polizze assicurative.

L'art. 11, comma 3, della citata legge n. 335 del 1995, ha stabilito che la

disposizione prevista dal comma 4 dell'art. 42 del TUIR non si applica "in

ogni caso" alle prestazioni erogate in forma di capitale ai sensi del decreto

in oggetto, quale che sia il modello gestionale adottato dal fondo pensione.

La citata disposizione dell'art. 42 del TUIR stabilisce che per i capitali

corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita il reddito e'

costituito dalla differenza tra l'ammontare del capitale corrisposto e quello

dei premi riscossi, ridotta del 2 per cento per ogni anno successivo al

decimo se il capitale e' corrisposto dopo almeno 10 anni dalla conclusione

del contratto. La richiamata disciplina modifica quindi in modo sostanziale

il previgente regime fiscale dei capitali percepiti in dipendenza di contratti

di assicurazione o di capitalizzazione, ai sensi dei rami I o V del punto A

della tabella allegata al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 174, per i quali l'art. 6

della legge 26 settembre 1985, n. 482, prevedeva l'applicazione della

ritenuta a titolo d'imposta del 12,50 per cento secondo le modalita'

illustrate nella circolare n. 14 del 17 giugno 1987. Pertanto, le predette

somme rimangono definitivamente assoggettate al trattamento previsto

dall'art. 13, comma 9, precedentemente illustrato, considerato che la

nuova disciplina ha in sostanza stabilito che la componente di rendimento

finanziario ricompresa nel capitale erogato assume in ogni caso natura di

reddito di lavoro dipendente (e non di reddito di capitale) analogamente alla

parte imponibile costituita dai contributi versati dal datore di lavoro e dal

lavoratore al fondo pensione.

6.2.3 La nuova decorrenza delle disposizioni relative alle prestazioni in

forma di capitale.

La suesposta disciplina si applica, in base all'art. 17 della legge n. 335 del

1995, dal giorno successivo a quello di pubblicazione della stessa nella

Gazzetta Ufficiale e, quindi, alle prestazioni in forma di capitale il cui diritto

alla percezione e' sorto a decorrere dal 17 agosto 1995. Al riguardo va

tuttavia precisato che l'art. 1, comma 5, del decreto-legge 31 dicembre

1996, n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, ha stabilito

che la disposizione contenuta nell'art. 13, comma 9, del decreto legislativo

n. 124 del 1993, e quella contenuta nell'art. 42, comma 4, ultimo periodo,

del TUIR, introdotta dall'art. 11, comma 3, della legge n. 335 del 1995,

devono intendersi riferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme

pensionistiche complementari successivamente al 28 aprile 1993. In forza

di tale disposizione e' stato quindi stabilito, con effetto retroattivo, che nei

confronti dei soggetti che risultano iscritti alle predette forme

pensionistiche entro il 28 aprile 1993, indipendentemente dalla data in cui

e' sorto il diritto alla percezione, deve applicarsi il previgente regime fiscale

delle prestazioni erogate in forma di capitale. Alla stregua di quanto sopra,

ai "vecchi iscritti" deve applicarsi:

1. alle prestazioni in forma di capitale, al netto dei contributi versati dal

lavoratore in misura non eccedente il 4 per cento della retribuzione annua,

la medesima aliquota applicata al T.F.R., ai sensi dell'art. 17, comma 2,

del TUIR. Sulle anticipazioni erogate a tale titolo l'imposta si applica a

norma del medesimo comma 2 dell'art. 17, salvo conguaglio all'atto della

liquidazione definitiva, ai sensi dell'art. 17, comma 4, dello stesso testo

unico, nel testo modificato dall'art. 5, comma 1, lett. d), del citato decreto

legislativo n. 314 del 1997; pertanto, alle anticipazioni corrisposte a partire

dal 1 gennaio 1998 (data di entrata in vigore del predetto D.Lgs. n. 314/97)

non si applica piu' l'aliquota stabilita dall'art. 11 del TUIR per il primo

scaglione di reddito, ma si applica, invece, l'aliquota corrispondente alla

base imponibile espressa dall'ammontare dell'anticipazione (non operando

la riduzione annuale di lire 600.000) con gli stessi criteri stabiliti per il TFR

dal primo comma dell'articolo 17 del TUIR;

2. alle prestazioni in forma di capitale corrisposte in dipendenza di

contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione:

- sulla parte relativa al rendimento, la ritenuta a titolo d'imposta del 12,50

per cento di cui al citato art. 6 della legge n. 482 del 1985;

- sull'importo dei contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore

eccedenti il 4 per cento della retribuzione annua, l'aliquota prevista per la

tassazione del T.F.R..

La ritenuta d'imposta del 12,50 per cento deve essere applicata sulla parte

relativa al rendimento anche in caso di trasferimento della posizione

previdenziale da un fondo assicurativo ad un fondo di tipo diverso (o ad

altro fondo assicurativo), con il conseguente trasferimento al nuovo fondo:

a) della parte corrispondente ai contributi versati dal lavoratore e dal datore

di lavoro, che viene trasferita in neutralita' fiscale;

b) della parte corrispondente ai rendimenti assicurativi gia' definitivamente

assoggettati ad imposta. Ai "nuovi iscritti", invece, alle prestazioni in forma

di capitale si deve applicare il trattamento previsto dall'art. 13, commi 9 e

10, precedentemente illustrato, qualunque sia il modello gestionale

utilizzato dal fondo.

Da cio' deriva che, con riferimento a tali soggetti, la compagnia di

assicurazione deve astenersi dall'effettuare la ritenuta a titolo d'imposta del

12,50 per cento all'atto del trasferimento della provvista al fondo, il quale

deve assoggettare le somme a tassazione separata secondo quanto

previsto dal citato art. 13.

Analogo comportamento deve essere tenuto dalla compagnia di

assicurazione nel caso di passaggio della posizione previdenziale da un

fondo assicurativo ad un altro fondo.

6.2.4 Casi particolari.

Posto che per i capitali corrisposti a "vecchi iscritti" si applica la stessa

aliquota del T.F.R., si pongono alcuni problemi allorquando le fonti istitutive

prevedano l'utilizzo del T.F.R. per finanziare la previdenza complementare.

Ricorrendo tale ipotesi, considerato che il legislatore ha individuato

nell'aliquota applicata sul T.F.R. la misura dell'onere tributario cui sono

soggetti detti capitali, si ritiene che, ai fini del calcolo dell'aliquota

applicabile, i sostituti d'imposta debbano in ogni caso procedere alla

ricostruzione del T.F.R., tenendo conto anche delle quote devolute al fondo

pensione. Conseguentemente, e' in tale sede ricostruttiva che devono

essere riconosciuti gli abbattimenti annuali di cui al comma 1 dell'art. 17

del TUIR. Qualora ad uno stesso soggetto siano stati liquidati nel corso

degli anni piu' trattamenti di fine rapporto, si deve applicare alle quote del

capitale maturate alla data della cessazione dei vari rapporti di lavoro

l'aliquota del T.F.R. ad esse corrispondente.

6.2.5 Capitali corrisposti a lavoratori autonomi e liberi professionisti.

Per le prestazioni in forma di capitale e per i riscatti di cui all'art. 10,

comma 1, lettera c), erogate ai liberi professionisti e ai lavoratori autonomi

(ivi compresi i titolari di redditi di impresa) l'art. 13, comma 10, del decreto

legislativo n. 124 del 1993, come sostituito dall'art. 11, comma 1, della

legge n. 335 del 1995, ne prevede l'assoggettamento a tassazione

separata ai sensi dell'art. 16, comma 1, lettera c), del TUIR. La medesima

disposizione stabilisce, inoltre, l'applicabilita' del comma 3 dell'articolo 16

del TUIR in base al quale gli uffici provvedono a iscrivere a ruolo le maggiori

imposte dovute con le modalita' previste nell'articolo 17 ovvero facendo

concorrere il reddito in questione in quello complessivo, se piu' favorevole

per il contribuente. Infatti, i redditi in questione, essendo corrisposti da un

soggetto obbligato ad effettuare le ritenute di acconto non devono mai

essere dichiarati poiche', come evidenziato in precedenza,

l'Amministrazione finanziaria ritrae i dati, ai fini della tassazione, dalle

dichiarazioni presentate dai sostituti d'imposta. Pertanto, nei casi di

specie si applica la disciplina di cui all'articolo 18, comma 1, del citato

testo unico, in forza del quale l'imposta e' determinata applicando

all'ammontare percepito l'aliquota corrispondente alla meta' del reddito

complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui e'

sorto il diritto alla loro percezione. Tale disciplina si applica alle prestazioni

erogate a decorrere dal 17 agosto 1995 in quanto la legge n. 335 del 1995

non ha disposto diversamente.

6.2.6 Prestazioni per invalidita' e premorienza.

Alle prestazioni per invalidita' e premorienza, menzionate dall'art. 6,

comma 3, del decreto legislativo n. 124 del 1993, si rendono applicabili le

ordinarie disposizioni contenute nell'art. 6, comma 2, del TUIR. Come

noto, tale norma stabilisce che i proventi conseguiti in sostituzione di

redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennita'

conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni

consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidita'

permanente o da morte, costituiscono redditi della stessa categoria di

quelli sostituiti o perduti. Pertanto, come gia' chiarito nella citata circolare

n. 326/E del 1997, sono in ogni caso esclusi da tassazione gli indennizzi

risarcitori del danno emergente, tra i quali rientrano le somme erogate per

premorienza e invalidita' permanente, mentre sono soggetti a tassazione

gli indennizzi risarcitori del lucro cessante, quali ad esempio le somme

erogate per invalidita' temporanea, attesa la loro natura sostitutiva del

mancato conseguimento di reddito di lavoro per il periodo di invalidita'.

7. Altre disposizioni.

Con le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 dell'art. 1 della legge n. 30 del

1997, sono stati corretti alcuni errori di redazione delle disposizioni

contenute, rispettivamente, nell'art. 13, comma 10, del decreto legislativo

in rassegna - che impropriamente richiama la disposizione dell'art. 17,

comma 2, del TUIR, riguardante i lavoratori dipendenti che percepiscono le

altre indennita' e somme di cui all'art. 16, comma 1, lett. a), seconda

parte, del TUIR - e nell'art. 11, comma 2, della legge n. 335 del 1995, che

erroneamente richiama il comma 10 dell'art. 13, essendo evidente che il

riferimento esatto e' al comma 9 di detto articolo.

8. Disposizioni finali.

L'art. 18 del decreto in oggetto, sotto la rubrica "norme finali", detta, come

gia' anticipato, una sorta di regime transitorio che interessa i fondi di

previdenza gia' operanti alla data del 15 novembre 1992, identificati con

l'espressione "vecchi fondi". Di tale disciplina interessano, in particolare, le

disposizioni contenute nei commi 7, 8-bis ed 8-quater, alcune delle quali

gia' in parte esaminate. Il comma 7 dell'articolo in commento stabilisce, tra

l'altro, che ai destinatari iscritti al 28 aprile 1993 - data di entrata in vigore

del D.Lgs. n. 124 del 1993 - alle forme pensionistiche complementari gia'

istituite alla data del 15 novembre 1992, non si applicano le disposizioni di

cui agli articoli 7 ed 8 del provvedimento in oggetto. Cio' significa che in

tema di finanziamento delle predette forme pensionistiche e di erogazione

delle prestazioni ai predetti destinatari continuano ad applicarsi i criteri e le

modalita' operative in essere in data antecedente al 28 aprile 1993 e che,

quindi, ad esempio, detti fondi pensione possono continuare ad erogare

prestazioni in forma di capitale in misura superiore al 50 per cento

dell'importo maturato. Come gia' anticipato, ai predetti destinatari non si

applicano, altresi', le disposizioni di cui all'art. 13, commi 2 e 3, relative al

nuovo regime tributario dei contributi, continuando a trovare applicazione le

disposizioni vigenti anteriormente alla predetta data del 28 aprile 1993.

Conseguentemente, i contributi del datore di lavoro sono in ogni caso

completamente deducibili ai fini della determinazione del reddito d'impresa

mentre quelli del lavoratore non concorrono in ogni caso a formare il

reddito di lavoro dipendente. Ai sensi del comma 8-bis dell'articolo in

commento, il cennato regime tributario piu' favorevole si applica, inoltre, ai

contributi versati ai fondi pensione, gestiti in via prevalente secondo il

sistema tecnico-finanziario della ripartizione - che hanno presentato

apposita istanza al Ministero del Lavoro e della previdenza sociale per

usufruire della particolare disciplina ivi prevista, consistente

nell'applicazione della normativa previgente per un periodo di 8 anni -

anche con riferimento ai soggetti iscritti dopo il 28 aprile 1993, fino al

termine del suddetto periodo transitorio. Gli Uffici in indirizzo sono pregati

di dare la massima diffusione al contenuto della presente circolare.