Gli orientamenti di seguito formulati sono volti a fornire chiarimenti su alcune problematiche all’esame della Commissione, anche in relazione a specifici quesiti pervenuti, in ordine all’area dei destinatari delle forme pensionistiche già istituite alla data del 15 novembre 1992 (di seguito anche “fondi preesistenti”).
Al fine di disporre di un unico orientamento complessivo, si è ritenuto utile assorbire nel presente testo le considerazioni già espresse in materia dalla Commissione in due documenti precedenti (“Quesiti sui fondi preesistenti: Orientamenti interpretativi” e “Precisazioni in materia di area dei destinatari dei fondi pensione interaziendali istituiti anteriormente al 15 novembre 1992”, pubblicati, rispettivamente, sul Bollettino Covip Anno I – N.1 e Anno II - n.3).
Occorre, innanzitutto, ricordare che la Commissione, nel fornire indicazioni circa il perimetro dei potenziali aderenti a fondi preesistenti, ha tenuto presente che il decreto 21 aprile 1993, n.124 stabilisce, per la costituzione delle forme volte all’attuazione di piani di previdenza complementare, specifici requisiti, procedure, forme e condizioni, ai quali devono far riferimento le collettività di soggetti che, non avendo prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina un programma di previdenza complementare, vogliano dotarsene.
Avuto riguardo a ciò, si è reso necessario, in una visione sistematica che abbia anche rispetto dell’autonomia e delle peculiarità delle singole forme pensionistiche preesistenti, individuare i limiti di non confliggenza delle disposizioni statutarie relative all’area dei destinatari di tali forme con la ratio complessiva del nuovo ordinamento di settore.
A tal fine si è proceduto, a fronte di un panorama assai variegato di fondi preesistenti, ad una differenziazione delle varie tipologie degli stessi, distinguendo tra fondi aziendali e di gruppo, fondi interaziendali promossi da associazioni e operatori vari, fondi interaziendali la cui istituzione trova fondamento in c.c.n.l. di categoria.
Va, peraltro, precisato che gli orientamenti in questione attengono esclusivamente ai fondi pensione preesistenti che intendano mantenere tale qualifica ed il connesso regime giuridico e non anche a quei fondi preesistenti che – a seguito di fonti istitutive riconducibili a quelle tipizzate di cui all’art.3 del decreto 124/93 – pongano in essere, previa autorizzazione della Commissione, una trasformazione in fondi “nuovi” con conseguente pieno adeguamento alla relativa disciplina normativa.
Sul
piano generale, si conferma
che sono consentite, nell’ambito
dei processi di trasformazione
e riorganizzazione di fondi di
risalente istituzione,
operazioni di fusione,
incorporazione, scorporo che,
riguardando categorie di
destinatari già interessati
da forme di previdenza
complementare, non si
risolvono in un ampliamento
della complessiva area dei
destinatari dei fondi pensione
preesistenti.
In
tali casi, le parti
interessate dovranno
previamente verificare l’inesistenza
di vincoli o impedimenti,
anche statutari, eventualmente
derivanti dai rapporti
attualmente in essere, che
ostino alla realizzazione
delle operazioni stesse, fermo
restando che l’attuazione
delle suddette operazioni,
laddove possibile, dovrà
avvenire sulla base di accordi
tra le rispettive fonti
istitutive, che tengano conto
delle concrete situazioni dei
fondi in riferimento.
Va,
infine, richiamata l’attenzione
dei soggetti interessati ai
predetti processi di
trasformazione e
riorganizzazione sulla
necessità di valutare ogni
profilo delle predette
operazioni con la dovuta
diligenza e nel rispetto dei
principi di sana e prudente
gestione. In tale ambito sarà
anche necessario prestare
particolare attenzione ai
modelli gestionali utilizzati
dalle forme preesistenti
interessate dall’operazione,
ben potendo la realizzazione
delle operazioni di
riorganizzazione in argomento
costituire un’occasione
utile per procedere alla
adozione dei modelli
gestionali tipizzati dell’art.6
del decreto legislativo
124/1993 e della banca
depositaria.
Si reputa ancora opportuno sottolineare, sempre sul piano generale, che possono ritenersi ammissibili previsioni statutarie volte a consentire, su richiesta dell'interessato, la conservazione presso il fondo delle posizioni individuali dei lavoratori già iscritti che cessino di lavorare presso l'azienda aderente al fondo ovvero non risultino più ricompresi nel perimetro di applicazione del fondo medesimo a seguito di operazioni societarie relative all'azienda di appartenenza, con eventuale prosecuzione dei relativi flussi contributivi anche da parte del nuovo datore di lavoro limitatamente ai soli lavoratori già iscritti.
Ci si sofferma, dunque, su alcune specifiche problematiche relative a fondi aziendali ed interaziendali, ricordando che per quanto attiene ai fondi interaziendali la cui istituzione trova fondamento in contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria il perimetro dei potenziali destinatari è determinato dall'area di applicazione del contratto collettivo istitutivo del fondo.
1. Fondi aziendali
Per i fondi aziendali l’ambito dei “nuovi” aderenti risulta circoscritto ai dipendenti (vecchi e nuovi) dell’azienda stessa che non avessero ancora aderito al fondo di che trattasi.
In caso di riassetti societari che comportino la costituzione di nuove società, ad esempio tramite scorporo o conferimento di rami d’azienda, può ritenersi, in linea generale, ammissibile l’estensione del fondo anche alle nuove realtà societarie, ferma restando la necessità di valutazioni da effettuarsi caso per caso in ragione delle specifiche caratteristiche dell’operazione posta in essere e della sostanziale continuità rispetto all’ambito degli aderenti originario.
In
considerazione del carattere
aziendale proprio del fondo,
si ritiene, inoltre, che
possano essere superate alcune
restrizioni, eventualmente
contemplate dallo statuto,
circa l’ambito di lavoratori
riguardati dallo stesso, quale
per esempio la delimitazione
ad alcune sedi dell’azienda,
risultando, infatti,
congruente con la natura
stessa del fondo il
riferimento a tutti i
lavoratori dell'azienda
medesima, comunque dislocati
sul territorio.
Così pure, nel caso che il fondo si riferisca solo ad alcune tipologie di lavoratori (es. lavoratori a tempo indeterminato), l’apertura dello stesso ad altri lavoratori caratterizzati da una diversa tipologia di rapporto di lavoro può ritenersi in linea di principio ammessa in quanto volta a rafforzare il carattere aziendale del fondo, comunque nel rispetto delle distinzioni tra le categorie contrattuali di riferimento (es. impiegati o dirigenti).
2. Fondi di gruppo
La caratterizzazione di questi fondi come interaziendali di gruppo non appare conciliabile con previsioni statutarie tendenti a consentire, seppure in via derogatoria e per singoli casi, l’inclusione nel fondo di soggetti estranei all’ambito di riferimento.
Nel contempo, il fatto che il fondo, già alla data di entrata in vigore del decreto 124/93, si caratterizzasse come fondo di gruppo, ne consente l’applicazione a tutte le aziende del gruppo, intendendosi, come tali, la capogruppo e le società dalla stessa controllate, ai sensi dell’art.2359, primo e secondo comma del codice civile (controllo di diritto, controllo c.d. di fatto, controllo da vincoli contrattuali e controllo indiretto). E ciò indipendentemente dal fatto che le società del gruppo, come sopra definito, siano di nuova acquisizione nell'ambito del gruppo medesimo.
Resta, inoltre, inteso che nelle fattispecie regolate da specifiche discipline di settore (es. ordinamento bancario), per le quali risulti peculiarmente definito il concetto di gruppo, si possa fare riferimento a quest’ultima nozione per determinare l’ambito di operatività del fondo pensione.
Le
considerazioni di cui sopra
possono ritenersi applicabili
anche alle ipotesi in cui un
fondo di gruppo sia sorto
successivamente per effetto
della
concentrazione/trasformazione
di alcuni fondi aziendali
preesistenti (la cui
complessiva area dei
destinatari sia – in misura
sostanziale – riferibile all’ambito
del gruppo), ovvero nel caso
di trasformazione di un
precedente fondo aziendale,
per effetto di acquisizioni e
scorpori di talune realtà
aziendali, in fondo di gruppo
(si veda al riguardo, quanto
già precisato al punto
precedente).
Anche in tale ambito, infatti, potrà aversi riguardo alla opportunità di mantenere omogeneità nei trattamenti di previdenza complementare di dipendenti appartenenti al medesimo gruppo di imprese, nel caso di riassetti societari che comportino una nuova e diversa articolazione aziendale, ferma restando la necessità di valutare caso per caso la complessiva area dei destinatari in linea di continuità rispetto alle esperienze preesistenti e avendo anche riguardo alla percorribilità di altre soluzioni in ragione dell’operatività nel settore di riferimento di nuove iniziative di previdenza complementare a carattere negoziale.
3. Fondi
interaziendali promossi da
operatori o associazioni di
categoria (compagnie di
assicurazione, brokers,
associazioni territoriali di
datori di lavoro ecc.), a cui
le aziende hanno aderito con
specifici accordi di lavoro.
Al riguardo la Commissione ha già rappresentato come non possa ritenersi ammissibile, in linea di principio, qualsiasi ulteriore adesione di aziende che alla data di entrata in vigore del decreto 124/93 risultavano ancora prive di forme pensionistiche complementari.
Ciò fa sì che non sia più possibile l’adesione ai predetti fondi di quelle aziende che, ancorché rientranti nell’ambito statutariamente previsto, non vi abbiano in concreto aderito entro il predetto termine.
La fattibilità di operazioni di adesione di nuove aziende risultanti da operazioni di riorganizzazione societaria di entità già iscritte va, invece, valutata caso per caso in ragione delle specifiche caratteristiche dell’operazione posta in essere e della sostanziale continuità rispetto all’ambito degli aderenti originario (si fa rinvio a quanto già precisato al punto 1).
Se, poi, la forma previdenziale aderente al fondo era già, a suo tempo, una forma di gruppo (tali essendo gli accordi istitutivi), deve ritenersi che con l’ingresso di una nuova società nel gruppo – sulla base degli accordi stipulati in sede di acquisizione della società stessa – si determini la confluenza dei dipendenti della società nell’area dei destinatari della forma previdenziale di gruppo e quindi - in sostanza – l’adesione dell’azienda al fondo (si fa rinvio a quanto già precisato al punto 2).