DELIBERAZIONE DEL 15 FEBBRAIO 2001

Orientamenti sulla disciplina dei trasferimenti, dei riscatti e delle anticipazioni con riferimento ai fondi pensione preesistenti

 

            L'art.10 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n.124 detta la disciplina in materia di mobilità e portabilità della posizione degli iscritti alle nuove forme di previdenza complementare (fondi negoziali, fondi aperti e forme pensionistiche individuali).

In particolare, il primo comma della norma, regolando il caso in cui l'iscritto perda i requisiti di partecipazione al fondo, prevede che siano statutariamente disciplinati "misure, modalità e termini di esercizio" delle seguenti opzioni: trasferimento ad altro fondo al quale l'iscritto acceda in relazione alla nuova attività o abbia, comunque, diritto ad aderire in base all’attività esercitata;  trasferimento ad un fondo pensione aperto di cui all’art.9 o a una delle forme pensionistiche individuali di cui agli artt.9-bis e 9-ter; riscatto della posizione individuale. Il successivo comma 3-bis regola invece il diritto dell'iscritto di disporre il trasferimento dell'intera posizione individuale, ancorché non siano venuti meno i requisiti di partecipazione al fondo, decorso un periodo minimo di permanenza. Il trasferimento può operare, oltre che verso "i fondi di cui agli artt.3 e 9” e le "forme pensionistiche individuali", esplicitamente richiamati dalla norma, anche verso forme pensionistiche preesistenti iscritte all'albo. Nei commi successivi dell'art.10 è inoltre contenuta la disciplina relativa al riscatto della posizione da parte degli aventi diritto nell'ipotesi di decesso del lavoratore prima del pensionamento.

Si ritiene che tutte le norme sopra richiamate - dettate espressamente per i "nuovi" fondi pensione necessariamente caratterizzati dal rispetto dei criteri di corrispettività e informati al principio della capitalizzazione individuale -  esprimano comunque dei principi fondamentali dell'ordinamento di settore, in quanto mirano a salvaguardare la continuità nella costruzione del piano pensionistico complementare a prescindere dalle specifiche vicende caratterizzanti il rapporto di lavoro; a consentire la conservazione nel patrimonio dell'iscritto delle risorse finanziarie accumulate fino ad una certa data per finalità previdenziali, laddove vengano meno i presupposti di partecipazione al fondo di appartenenza e l'iscritto non intenda proseguire la costruzione del piano pensionistico in altra forma ammessa dall'ordinamento; a riconoscere a ciascun aderente a fondi pensione la facoltà di modificare la scelta del soggetto al quale affidare la gestione del proprio piano pensionistico, fermo restando un periodo iniziale di vincolo.

 

Nel contempo si ha presente la peculiare posizione che lo stesso ordinamento di settore riconosce alle esperienze di previdenza complementare sorte in epoca anteriore al 15 novembre 1992, cosiddetti "fondi preesistenti", con caratteristiche strutturali assai variegate e, sovente, non del tutto riconducibili a quelle dei fondi di nuova istituzione. La stessa tecnica adottata dal legislatore nella formulazione dell'art.18 del decreto 124/1993, ove le citate disposizioni dell'art.10 non sono dichiarate inapplicabili ma nemmeno rientrano nel gruppo di norme per le quali sono previsti espressamente termini di adeguamento, induce a ritenere che le modalità di realizzazione delle esigenze di ordine generale sopra richiamate debbano essere valutate con specifico riguardo all'assetto complessivo di ciascun fondo.

Nella materia in esame, si può dunque ritenere che il legislatore abbia indicato i principi verso i quali deve tendere la previdenza complementare, li abbia resi imperativi per i fondi di nuova istituzione e abbia demandato alle singole realtà preesistenti il compito di organizzarsi secondo tali principi, anche attraverso i necessari adeguamenti statutari, tenendo conto delle proprie caratteristiche strutturali. 

Assumono quindi particolare valenza, in tale contesto, le valutazioni dei competenti organi dei fondi circa le modalità attraverso cui dare attuazione all'interno dei propri ordinamenti ai principi di cui è espressione il citato art.10.

 Va da sé che quanto più il fondo preesistente risulti organizzato secondo modelli analoghi a quelli previsti per i fondi di nuova istituzione, tanto meno giustificabile potrà risultare il mancato adeguamento alle disposizioni dell'art.10 (si pensa, in particolare, alle ipotesi dei fondi strutturati sulla base di conferimenti contributivi imputati a conti individuali, cui si applichi un congegno di capitalizzazione pura in funzione del rendimento delle risorse investite). In tali casi, tra l'altro, appare più immediato il concetto di "posizione individuale", in linea generale riconducibile alla somma dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro, dell'eventuale quota di TFR accantonata, nonché dei rendimenti maturati. Anche in tali ipotesi, peraltro, non può escludersi a priori la sussistenza di ragionevoli considerazioni che inducano gli organi dei fondi a prevedere, ad esempio, modalità progressive di allineamento ovvero forme peculiari per l'esercizio dei diritti (clausole di rateizzazione, scaglionamento delle richieste pervenute, ecc.).

A maggior ragione le considerazioni di cui sopra, in ordine alla delicatezza delle valutazioni destinate a contemperare il principio della trasferibilità della posizione con la salvaguardia dell'assetto equilibrato del fondo, nel rispetto delle regole di sana e prudente gestione, troveranno esplicazione in fondi che presentino elementi di carattere tipicamente solidaristico. In tali casi, inoltre, può risultare assai meno agevole stabilire una diretta correlazione tra ammontare dei contributi via via accantonati in riferimento ad un determinato iscritto e la costituzione di una "posizione individuale" che sia tempo per tempo riferibile al medesimo. Al riguardo, va comunque richiamata l'esigenza di tenere presenti anche regole di diritto comune, sicché per i fondi che interessino lavoratori dipendenti  l'importo da trasferire o da corrispondere a seguito dell'esercizio del diritto di riscatto non potrà comunque essere inferiore al limite, fissato dall'ordinamento già prima dell'introduzione della disciplina di settore, di cui all'art.2123 c.c. (contributo del prestatore di lavoratore). Resta fermo che per la previsione di tale importo minimo deve ricorrere una valida giustificazione, come nel caso in cui ai contributi versati dal datore di lavoro viene impressa la specifica finalità di concorrere al progressivo ripianamento di squilibri di natura tecnico-attuariale.  

Per il caso in cui vengano meno i requisiti di partecipazione al fondo, potrà inoltre essere utilmente valutata la possibilità per l’iscritto di conservare la posizione maturata, con facoltà di disporre successivamente circa il trasferimento o il riscatto. Così come potranno continuare ad operare, con riguardo alle posizioni di "vecchi iscritti" - ai quali non si applicano le disposizioni dell'art.7 del decreto 124/1993 - eventuali previsioni relative al riconoscimento di diritti previdenziali differiti (ossia previsioni che consentano all'iscritto che perda i requisiti di partecipazione avendo maturato una determinata anzianità di iscrizione e/o contribuzione il diritto ad una prestazione pensionistica differita, da erogarsi al conseguimento dei prescritti requisiti di età). 

Per quanto attiene, in particolare, alle ipotesi di trasferimento descritte dal comma 3-bis dell'art.10, i fondi potranno inoltre valutare la possibilità di fissare minimi temporali più ampi rispetto a quelli indicati nella norma, anche in funzione del dies a quo da cui computare gli anni di permanenza nel fondo che danno diritto al trasferimento, in ragione di esigenze di garanzia di un periodo di stabilità degli aderenti, soprattutto in ipotesi di rilevante trasformazione o di complessivo riassetto del fondo. Anche qui le relative valutazioni degli organi competenti dovranno in ogni caso risultare compatibili con il principio della libertà di trasferimento contemplato dalla norma, che assume a riferimento un periodo di permanenza minimo di 3/5 anni.

Quanto ai termini ordinari per l'espletamento degli adempimenti derivanti dall'esercizio delle opzioni sopra descritte, si richiama l'attenzione dei fondi sulle disposizioni del terzo comma dell'art.10 del decreto 124/1993, che prevedono un termine massimo di sei mesi, da ritenersi - in linea generale - applicabile anche alle ipotesi di cui al comma 3-bis.

Circa le disposizioni che disciplinano la fattispecie del riscatto della posizione in caso di decesso del lavoratore iscritto prima del pensionamento,  è da ritenere che anche le previsioni del comma 3-ter dell'art.10 del decreto 124/1993 esprimano un principio generale volto a prefigurare la necessaria regolamentazione dell'ipotesi in esame. In linea generale, pertanto, i fondi preesistenti devono consentire, per tali ipotesi, l’esercizio del diritto di riscatto nei termini indicati, prevedendo anche la facoltà del lavoratore di designare, per il caso di mancanza dei soggetti nominati (coniuge, figli, genitori a carico), un diverso beneficiario. In assenza di detti soggetti, la posizione rimarrà acquisita al fondo.

Peraltro, tenuta presente la possibile peculiarità delle forme preesistenti, rispetto alle ordinarie regole di funzionamento dei fondi di nuova istituzione, si ritiene ammissibile il mantenimento, ove già presenti negli statuti in vigore, di regole statutarie che siano ispirate a criteri di natura tipicamente previdenziale (ad esempio facendo riferimento a pensioni indirette regolate secondo i criteri previsti per il caso di premorienza nel regime AGO), tanto più in regimi che presentino caratteri solidaristici. Anche in tali casi sarà tuttavia opportuno avere presenti le categorie dei beneficiari indicati nel citato art.10, comma 3-ter, come possibili destinatari della facoltà di riscatto in assenza di altri superstiti individuati in base alle previgenti norme statutarie.

Al di fuori dell'ambito di applicabilità dell'art.10 del decreto 124/1993, si reputa opportuno fornire in questa sede alcune indicazioni anche con riferimento alle "anticipazioni". Al riguardo, si ricorda, in primo luogo, che il regime delle anticipazioni previsto dall'art.7, comma 4, del decreto 124/1993 si applica direttamente solo ai "nuovi iscritti", mentre, per effetto del disposto dell'art.18, comma 7, del decreto medesimo, la predetta disciplina non trova automatica applicazione nei confronti dei "vecchi iscritti", essendo rimessa all'autonomia di ciascun fondo, nel rispetto delle regole di sana e prudente gestione, la facoltà di consentire anche per tali categorie di iscritti l'applicazione della disciplina in parola.

Per quanto attiene alla "tipologia" di anticipazioni erogabili, si conferma, peraltro, che non si ritengono, sul piano generale, ammissibili disposizioni statutarie che, ancorché con riferimento ai vecchi iscritti, prevedano ipotesi di anticipazione - o riscatto - diverse da quelle indicate nel decreto 124/1993. Ciò in quanto la previsione dell'art.7, comma 4, del decreto medesimo, al di là della sua diretta e immediata applicabilità, esprime un principio finalizzato alla piena realizzazione della funzione previdenziale dei fondi.