Documento approvato dalla Commissione nella seduta del 4 settembre 2001

 

 

Orientamenti interpretativi sul vincolo della destinazione del TFR a previdenza complementare ai fini della deducibilità dei contributi. Art.1, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2001 n.168, recante disposizioni correttive del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n.47.

           

L’art.10, comma 1, lett. e-bis) del Testo unico delle imposte sui redditi (approvato con DPR 917/1986), come sostituito dall’art.1, comma 1, lettera a), n.1) del decreto legislativo n.47 del 2000, stabilisce che i contributi versati a forme pensionistiche complementari costituiscono oneri deducibili per un importo non superiore al 12% del reddito complessivo e, comunque, fino al limite massimo di 10 milioni di lire.

 

Relativamente alla quota di reddito formata da redditi da lavoro dipendente la deduzione compete per un importo complessivamente non superiore al doppio della quota di TFR destinata a forme pensionistiche collettive, entro i predetti limiti del 12% e di 10 milioni.

 

Peraltro, anche tenuto conto dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con circolare n.29/E del 20 marzo 2001, la destinazione del TFR a forme pensionistiche collettive non costituisce condizione di deducibilità dei contributi versati, anche con riferimento ai redditi di lavoro dipendente, purché ricorra una delle seguenti ipotesi:

1)      non sia stata istituita una forma pensionistica collettiva (fondo negoziale o "adesione collettiva" a fondo aperto) alla quale il dipendente possa aderire;

2)      la forma collettiva sia stata istituita unicamente sulla base di accordi tra lavoratori;

3)      si tratti di "vecchio iscritto" a fondo pensione (iscritto ante 28/4/1993);

4)      si tratti di rapporto di lavoro dipendente per il quale non è previsto l'istituto del TFR;

5)      si tratti di pubblico dipendente che non ha optato per la trasformazione dell'indennità di fine rapporto in TFR.

 

Il decreto legislativo 12 aprile 2001 n.168, che reca correzioni e integrazioni al d.lgs.47/2000, ha inoltre previsto che la predetta condizione della destinazione della quota di TFR non si applica laddove la forma pensionistica collettiva (fondo negoziale o "adesione collettiva" a fondo aperto), alla quale il dipendente possa aderire, sia stata istituita da oltre due anni e non sia ancora operante.

 

Ne deriva che:

-         fino alla data di istituzione della forma pensionistica collettiva non sussiste il vincolo del TFR per i lavoratori dipendenti destinatari dell’iniziativa, sicché gli stessi possono eventualmente aderire ad una forma pensionistica individuale ed usufruire della deducibilità dei contributi versati senza obbligo di destinazione del TFR;

-         dalla data di istituzione della forma pensionistica collettiva decorrono i due anni entro i quali la forma stessa deve diventare operante; trascorso tale periodo senza che l’operatività sia stata conseguita, i lavoratori dipendenti possono nuovamente dedurre i contributi eventualmente versati ad una forma pensionistica individuale, senza vincolo di destinazione del TFR.                

 

Avuto riguardo a quanto sopra, emerge l’esigenza di individuare il momento in cui una forma pensionistica collettiva possa ritenersi “istituita” e quando la stessa possa definirsi “operante”.

 

In merito, sulla base dei chiarimenti intercorsi con l’Agenzia delle Entrate, si forniscono le seguenti precisazioni:

 

a) per quanto attiene alle forme pensionistiche complementari istituite ai sensi dell’art.3 del d.lgs.124/1993 (fondi pensione negoziali), la forma pensionistica collettiva deve ritenersi istituita nel momento in cui viene stipulato l’atto di costituzione del fondo, che configura il momento conclusivo dell’iter istitutivo, mentre l’operatività deriva dal rilascio del provvedimento COVIP di autorizzazione all’esercizio dell’attività, al quale consegue l’esistenza per il fondo delle condizioni legali per operare;

 

b) per quanto attiene alle forme pensionistiche costituite mediante le cc.dd. “adesioni collettive” a fondi aperti, ai sensi dell’art.9, comma 2, del d.lgs.124/1993, l’istituzione e l’operatività della forma pensionistica collettiva discendono direttamente dalle relative previsioni delle fonti istitutive su base contrattuale collettiva, in quanto in tale ipotesi non è possibile fare riferimento ad una successiva fase istitutiva, né sussiste uno specifico momento autorizzatorio cui sia subordinata l’operatività. Pertanto, una volta posta in essere la relativa fonte istitutiva, dette forme sono immediatamente ed automaticamente operanti.

 

            Si reputa, infine, opportuno ricordare, in questa sede, che, per effetto delle innovazioni apportate al d.lgs.124/1993 dall’art.74 della legge 23 dicembre 2000, n.388, e del conseguente regolamento emanato dalla Covip in data 22 maggio 2001 e pubblicato sulla G.U. n.134 del 12 giugno 2001, sono state ridefinite, in chiave di semplificazione e snellimento, le procedure per l’autorizzazione all’esercizio dell’attività dei fondi pensione di cui all’art.3 del d.lgs.124/1993.

 

            In tale ambito è tra l’altro previsto che i fondi pensione a carattere negoziale devono iniziare l’attività entro dodici mesi dall’iscrizione all’albo dei fondi pensione e raggiungere la prevista base associativa minima entro diciotto mesi dall’iscrizione all’albo medesimo, a pena di decadenza. Decorso tale termine, salvo proroga per un limitato periodo in presenza di motivate esigenze, la Covip pronuncia la decadenza dall’autorizzazione all’esercizio dell’attività. A seguito della pronuncia di decadenza viene pertanto meno la condizione di sussistenza ed operatività della forma pensionistica collettiva  anche agli effetti del sopra richiamato vincolo della destinazione del TFR per la deducibilità dei contributi versati.