Orientamenti
interpretativi sul vincolo della destinazione del TFR a previdenza
complementare ai fini della deducibilità dei contributi. Art.1, comma 1, del
decreto legislativo 12 aprile 2001 n.168, recante disposizioni correttive del
decreto legislativo 18 febbraio 2000, n.47.
L’art.10, comma 1, lett. e-bis) del Testo unico delle imposte sui
redditi (approvato con DPR 917/1986), come sostituito dall’art.1, comma 1,
lettera a), n.1) del decreto
legislativo n.47 del 2000, stabilisce che i contributi versati a forme
pensionistiche complementari costituiscono oneri deducibili per un importo non
superiore al 12% del reddito complessivo e, comunque, fino al limite massimo di
10 milioni di lire.
Relativamente alla quota di
reddito formata da redditi da lavoro dipendente la deduzione compete per un
importo complessivamente non superiore al doppio della quota di TFR destinata a
forme pensionistiche collettive, entro i predetti limiti del 12% e di 10
milioni.
Peraltro, anche tenuto conto
dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con circolare n.29/E del 20
marzo 2001, la destinazione del TFR a forme pensionistiche collettive non
costituisce condizione di deducibilità dei contributi versati, anche con
riferimento ai redditi di lavoro dipendente, purché ricorra una delle seguenti
ipotesi:
1)
non
sia stata istituita una forma pensionistica collettiva (fondo negoziale o
"adesione collettiva" a fondo aperto) alla quale il dipendente possa
aderire;
2)
la
forma collettiva sia stata istituita unicamente sulla base di accordi tra
lavoratori;
3)
si
tratti di "vecchio iscritto" a fondo pensione (iscritto ante
28/4/1993);
4)
si
tratti di rapporto di lavoro dipendente per il quale non è previsto l'istituto del
TFR;
5)
si
tratti di pubblico dipendente che non ha optato per la trasformazione
dell'indennità di fine rapporto in TFR.
Il decreto legislativo 12 aprile 2001 n.168, che reca correzioni e integrazioni al d.lgs.47/2000, ha inoltre previsto che la predetta condizione della destinazione della quota di TFR non si applica laddove la forma pensionistica collettiva (fondo negoziale o "adesione collettiva" a fondo aperto), alla quale il dipendente possa aderire, sia stata istituita da oltre due anni e non sia ancora operante.
Ne deriva che:
-
fino
alla data di istituzione della forma pensionistica collettiva non sussiste il
vincolo del TFR per i lavoratori dipendenti destinatari dell’iniziativa, sicché
gli stessi possono eventualmente aderire ad una forma pensionistica individuale
ed usufruire della deducibilità dei contributi versati senza obbligo di
destinazione del TFR;
-
dalla
data di istituzione della forma pensionistica collettiva decorrono i due anni
entro i quali la forma stessa deve diventare operante; trascorso tale periodo
senza che l’operatività sia stata conseguita, i lavoratori dipendenti possono
nuovamente dedurre i contributi eventualmente versati ad una forma
pensionistica individuale, senza vincolo di destinazione del TFR.
Avuto riguardo a quanto
sopra, emerge l’esigenza di individuare il momento in cui una forma
pensionistica collettiva possa ritenersi “istituita” e quando la stessa possa
definirsi “operante”.
In merito, sulla base dei
chiarimenti intercorsi con l’Agenzia delle Entrate, si forniscono le seguenti
precisazioni:
a) per quanto attiene alle forme pensionistiche
complementari istituite ai sensi dell’art.3 del d.lgs.124/1993 (fondi pensione
negoziali), la forma pensionistica collettiva deve ritenersi istituita
nel momento in cui viene stipulato l’atto di costituzione del fondo, che
configura il momento conclusivo dell’iter istitutivo, mentre l’operatività
deriva dal rilascio del provvedimento COVIP di autorizzazione all’esercizio
dell’attività, al quale consegue l’esistenza per il fondo delle condizioni
legali per operare;
b) per quanto attiene alle forme pensionistiche costituite mediante le cc.dd. “adesioni collettive” a fondi aperti, ai sensi dell’art.9, comma 2, del d.lgs.124/1993, l’istituzione e l’operatività della forma pensionistica collettiva discendono direttamente dalle relative previsioni delle fonti istitutive su base contrattuale collettiva, in quanto in tale ipotesi non è possibile fare riferimento ad una successiva fase istitutiva, né sussiste uno specifico momento autorizzatorio cui sia subordinata l’operatività. Pertanto, una volta posta in essere la relativa fonte istitutiva, dette forme sono immediatamente ed automaticamente operanti.
Si reputa, infine, opportuno ricordare, in questa sede, che, per effetto delle innovazioni apportate al d.lgs.124/1993 dall’art.74 della legge 23 dicembre 2000, n.388, e del conseguente regolamento emanato dalla Covip in data 22 maggio 2001 e pubblicato sulla G.U. n.134 del 12 giugno 2001, sono state ridefinite, in chiave di semplificazione e snellimento, le procedure per l’autorizzazione all’esercizio dell’attività dei fondi pensione di cui all’art.3 del d.lgs.124/1993.
In tale ambito è tra l’altro previsto che i fondi pensione a carattere negoziale devono iniziare l’attività entro dodici mesi dall’iscrizione all’albo dei fondi pensione e raggiungere la prevista base associativa minima entro diciotto mesi dall’iscrizione all’albo medesimo, a pena di decadenza. Decorso tale termine, salvo proroga per un limitato periodo in presenza di motivate esigenze, la Covip pronuncia la decadenza dall’autorizzazione all’esercizio dell’attività. A seguito della pronuncia di decadenza viene pertanto meno la condizione di sussistenza ed operatività della forma pensionistica collettiva anche agli effetti del sopra richiamato vincolo della destinazione del TFR per la deducibilità dei contributi versati.