QUESITI SUI FONDI PREESISTENTI: ORIENTAMENTI INTERPRETATIVI
Gli
orientamenti illustrati di seguito sono volti a fornire risposte a specifici
quesiti pervenuti alla Commissione nei mesi scorsi, interpretando in via
generale le disposizioni del d.lgs. 124/1993 per ciò che concerne le forme
pensionistiche già istituite alla data del 15 novembre 1992 (di seguito anche
“forme preesistenti”).
1. Quesiti in ordine all’identificazione delle forme pensionistiche complementari di cui all’art. 18, comma 1, d.lgs. 124/1993
In ordine ai numerosi
quesiti pervenuti circa l’ambito di applicazione del comma 1 dell’articolo 18
del d.lgs. 124/1993, che definisce le forme pensionistiche complementari che
risultano istituite alla data di entrata in vigore della legge 421/1992, si
rappresenta quanto segue.
L’art.18 è applicabile a
tutte le forme che, derivanti da iniziative collettive, accordi o scelte
contrattuali, regolamenti aziendali, eroghino rendite[1]
complementari del sistema pensionistico obbligatorio, al raggiungimento dell’età
pensionabile, ovvero alla cessazione dell’attività lavorativa in presenza di
determinate anzianità di servizio o di iscrizione alla forma pensionistica. La
medesima disciplina si applica anche nei casi in cui sia prevista l’opzione per
la capitalizzazione dell’intera rendita;
in tale eventualità, l’esclusione dall’obbligo di erogare le prestazioni
sotto forma di rendita almeno nella misura del 50% del maturato - esclusione
che opera a favore delle forme preesistenti in virtù dell’art.18 comma 7- si combina
con la presenza di elementi tipici dei regimi previdenziali pensionistici,
quali sono da considerare i requisiti
anagrafici e di anzianità contributiva richiesti ai fini della maturazione del
diritto alle prestazioni, che peraltro favoriscono le interrelazioni delle
forme integrative con i regimi pensionistici di base.
Per contro, si deve ritenere
che siano da escludere quelle forme destinate
ad erogare esclusivamente prestazioni di carattere assistenziale per le quali
la componente infortunistica, sanitaria o assistenziale assume rilievo tale da
collocarle al di fuori dall’ambito della disciplina del d.lgs.124/93.
L’esclusione vale, in particolare, per le forme assistenziali volte a
soddisfare bisogni sociali o di vita degli iscritti che eroghino unicamente
rimborsi di spese mediche, rimborsi per spese funerarie, ma anche prestiti,
borse di studio e altre prestazioni similari.
Per
quanto riguarda i fondi che eroghino trattamenti misti, sia previdenziali sia
assistenziali, in ragione dell’esclusività dello scopo delle forme di
previdenza complementare, stabilita dall’articolo 1 del d.lgs. 124/1993 come
interpretata dall’art. 3, comma 1, lett. d) del DM Lavoro n. 211 del 14 gennaio
1997, si ritiene che gli stessi debbano provvedere alla separazione tra
attività previdenziali e attività assistenziali, organizzando forme
patrimonialmente distinte. Nel caso in cui non si voglia provvedere ad
organizzare forme distinte sarà necessario provvedere a dismettere le attività
di tipo assistenziale, in quanto estranee all’oggetto esclusivo dei fondi
pensionistici complementari.
I
fondi che erogano prestazioni integrative al TFR, in cui l’elemento costitutivo
del diritto alla prestazione è rappresentato esclusivamente dalla cessazione
del rapporto di lavoro e dunque risulta
indipendente dal raggiungimento di requisiti di età anagrafica e di anzianità
contributiva, sono esclusi dall’ambito di applicazione del d.lgs. 124/93. Tali
fondi possono essere ricondotti nell’ambito di applicazione del succitato
decreto attraverso un adeguamento delle previsioni statutarie che trasformi il
fondo in una forma pensionistica complementare sottoposta all’autorizzazione di
cui all’art.4, comma 3 del d.lgs.124/93. Le posizioni individuali previdenziali
di detti fondi possono, altresì, essere trasferite - ai sensi dell’art.18,
comma 7, così come integrato dalla legge n.335/95 - a favore delle forme
pensionistiche complementari disciplinate dal d.lgs.124/93 per gli effetti di
cui all’art.13, comma 13.
Sono, infine, da
considerarsi parte del sistema pensionistico complementare, in base all’art.
17, comma 1, d.lgs. 124/1993, i fondi che “assicurano ai dipendenti pubblici prestazioni complementari al
trattamento di base e al trattamento di fine rapporto”.
In ordine ai quesiti
pervenuti in merito agli obblighi e ai termini di adeguamento, fatto salvo
quanto illustrato nel successivo paragrafo 3 sui modelli gestionali, si
sottolinea che, con l’entrata in vigore del Decreto del Ministro del Lavoro
n.211 del 17 gennaio 1997, avvenuta nella Gazzetta Ufficiale n.160 dello scorso
11 luglio, il quadro regolamentare concernente gli obblighi di adeguamento, ad
eccezione di quelli previsti nel comma 2 dell’art.18 del d.lgs.124/93, deve
ritenersi completato.
Pertanto, sussistono tutte
le condizioni normative per procedere ad effettuare le necessarie modifiche
utilizzando, ove necessario, la prima occasione utile di modifica statutaria.
Gli adeguamenti di cui trattasi, del resto, oltre ad essere dovuti in
applicazione delle norme di legge e regolamentari, si raccomandano in quanto in
grado di favorire la trasparenza e la migliore funzionalità delle forme
pensionistiche.
Per quanto concerne, invece,
gli obblighi di adeguamento previsti dall’art.18, comma 2 del d.lgs. 124/93,
non essendo ancora state emanate le disposizioni specificatamente previste –
che potranno essere emanate solo dopo le comunicazioni da parte dei fondi
preesistenti da effettuarsi sulla base del DM Lavoro n. 211 citato – è evidente
che sussiste una maggiore difficoltà di definizione dei comportamenti dovuti.
In ogni caso, vigono per
tutti i fondi i principi generali di sana e prudente gestione che comportano,
tra l’altro, diversificazione degli investimenti e particolare attenzione alle
ipotesi di conflitto di interessi.
D’altra parte, visto che il
DM Tesoro del 21 novembre 1996 n. 703 individua criteri di gestione delle
risorse e limiti agli investimenti, l’applicazione corretta dei quali si
ritiene conforme ad una gestione sana e prudente, è evidente che ogni volontà
di adeguamento alle disposizioni vigenti per i fondi di nuova istituzione,
anche prima del previsto termine decennale, è da considerarsi auspicabile oltre
che legittima.
Per quanto, in particolare,
riguarda le attività di assunzione e concessione di prestiti da parte delle
forme pensionistiche preesistenti, rileva la considerazione che si tratta di
attività estranee a quelle tipiche delle forme pensionistiche. Per tale motivo,
nelle more dell’emanazione delle disposizioni ministeriali di cui all’art.18,
comma 2, si suggerisce di tenere un atteggiamento improntato alla massima
prudenza, evitando, per quanto possibile, di porre in essere attività che
potrebbero risultare, a breve, disciplinate in modo restrittivo anche alla luce
del divieto di assumere o concedere prestiti posto dal comma 5 dell’art.6 del
d.lgs.124/93.
Posto che alla Commissione
non compete né l’approvazione, né l’autorizzazione di piani o singoli atti di
investimento dei fondi pensione, si rileva che ad essa competono funzioni di
vigilanza sulla gestione tecnica, patrimoniale e contabile dei fondi
pensione. Si rileva altresì che tale
funzione di vigilanza deve svolgersi in applicazione dei criteri di sana e prudente
gestione anche a stregua dell’art. 2 D.M. Tesoro n. 703/96. Conseguentemente
non competono alla funzione di vigilanza della Commissione apprezzamenti nel
merito delle singole operazioni di investimento se non in quanto strumentali
alla verifica dell’osservanza delle indicate regole di gestione.
L’art. 18 definisce lo
speciale regime giuridico delle forme preesistenti attraverso l’espressa
identificazione delle norme non applicabili, ovvero applicabili in termini
differiti. Da ciò consegue che le altre norme del d.lgs.124/93, ove non connesse
all’emanazione di normative regolamentari, risultano in linea di principio
applicabili alle forme preesistenti fin dall’entrata in vigore del
d.lgs.124/93, ovvero dall’entrata in vigore delle successive disposizioni di
integrazione/modifica di tale decreto.
In considerazione di quanto
sopra, le forme preesistenti, ove non abbiano già provveduto, sono chiamate a
porre in essere gli adeguamenti richiesti. In taluni casi, le modalità
dell’adeguamento alle disposizioni legislative risultano rimesse, in parte,
alle determinazioni discrezionali delle fonti autonome (statuti e fonti
istitutive dei fondi pensione), come è previsto per il riscatto ed il
trasferimento delle posizioni individuali ai sensi dell’art.10 del
d.lgs.124/93. Ferma restando la doverosità degli adeguamenti, la valorizzazione
delle fonti autonome di regolazione concorre a far ritenere che le fonti citate
fruiscano, nel rispetto sostanziale dei diritti garantiti dalla norma, di
margini tecnici per realizzare gli adeguamenti richiesti tenendo conto dei
peculiari assetti assunti nel tempo dalle diverse forme preesistenti.
Il criterio in base al quale
alle forme preesistenti si estendono le norme non dichiarate inapplicabili
porta a considerare ad esse estensibile anche l’art. 10 comma 3 ter del d.lgs.
124/93. A riprova della complessità dei criteri che presiedono alla
determinazione del regime giuridico delle forme preesistenti, che comporta
anche l’esigenza di verificare se particolari disposizioni del decreto
risultino non applicabili in virtù di specifiche motivazioni, vi è peraltro da
considerare la facoltà delle forme preesistenti di mantenere, ai fini della
gestione delle risorse raccolte, modelli gestionali diversi da quelli di cui
all’art. 6 comma 1, che possono risultare improntati, per espresse e
caratterizzanti previsioni legislative, alla discrezionalità dell’autonomia
privata di determinare liberamente i beneficiari delle prestazioni.
Infine, in ordine alle
previsioni, riportate in alcuni statuti o regolamenti di forme preesistenti, di
particolari forme di anticipazione di prestazioni, variamente denominate, si
rendono necessarie alcune precisazioni.
In virtù della
inapplicabilità dell’art.7 disposta dall’art.18, comma 7, per le forme
preesistenti non trova, fra l’altro, diretta applicazione la disposizione (art.
7, comma 4) che pone il divieto di effettuare anticipazioni e riscatti diversi
da quelli considerati dal medesimo art. 7, nonché dall’art.10 del d.lgs.124/93.
Trarre da ciò la conclusione che le forme preesistenti possano in materia
determinarsi in maniera del tutto libera sarebbe, tuttavia, eccessivo. Invero
la previsione di cui all’art. 7, comma 4, ribadisce un principio che appare
proprio di fondi che vogliano effettivamente e pienamente realizzare finalità
di tipo pensionistico. Considerando che le forme di percezione anticipata
dell’accantonamento necessariamente ridimensionano le risorse erogabili in
presenza delle condizioni previste per il pensionamento, si segnala
l’opportunità di procedere a ridefinire le normative statutarie che
eventualmente consentono anticipazioni e riscatti diversi da quelli
disciplinati dal d.lgs.124/93.
3. Quesiti concernenti le ipotesi di operazioni di riorganizzazione di fondi preesistenti con riguardo alla necessità di attivare una procedura di autorizzazione ex art. 4 del d.lgs. 124/93
I quesiti pervenuti sono
inerenti alle operazioni di trasformazione o riorganizzazione (fusione,
incorporazione, scorporo, esternalizzazione della forma pensionistica) dei
fondi di risalente istituzione, il più delle volte, avvertite come necessarie
o, quanto meno, opportune rispetto al mutato quadro normativo di riferimento
(fiscale, di organizzazione interna dei fondi).
Al riguardo le norme che
rilevano sono quelle previste negli artt.1 e 12, comma 2, ultimo capoverso, del
Decreto del Ministro del Lavoro, n.211/97.
Il primo articolo specifica
che l’ambito di applicazione del Titolo 1, riguardante i “Fondi di nuova
istituzione”, si estende a “quelli
risultanti da trasformazioni conseguenti a modifiche delle fonti istitutive che
comportino una variazione delle categorie dei soggetti beneficiari e diano
luogo all’istituzione di nuovi fondi pensione (…)”; il secondo prevede che
i soggetti titolari di forme pensionistiche preesistenti comunicano alla
Commissione di Vigilanza, fra l’altro, anche “le modifiche apportate allo statuto e all’eventuale regolamento di
attuazione dall’entrata in vigore del decreto legislativo n. 124 del 1993, ivi
compresa la modifica della forma giuridica e la trasformazione da fondo interno
di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 124 del 1993 ad una
delle forme previste al comma 1 del medesimo articolo, fermo restando
l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 18 del decreto
legislativo n. 124 del 1993, in quanto compatibili.”
Sulla base del combinato
disposto delle predette disposizioni, si deve ritenere che solo nel caso in cui
vi sia stata una modifica delle fonti istitutive dei regimi pensionistici
preesistenti che comporti un ampliamento delle “categorie” degli aderenti rispetto a quelle già contemplate dalle
medesime e, nel contempo, dia luogo alla creazione di un nuovo soggetto, sia
necessario attivare la procedura di autorizzazione di cui all’art. 4 del d.lgs.
124/1993.
Potrà invece procedersi alla
sola comunicazione sulla base dell’art.18, comma 6 tutte le volte che le
accennate riorganizzazioni si compendino nell’enucleazione in un unico fondo di
fondi preesistenti (fusione), senza che ciò ampli le categorie dei destinatari
beneficiari o, al contrario, si risolvano nell’istituzione di un nuovo soggetto
(“esternalizzazione” del regime pensionistico interno) o di un soggetto
distinto dal precedente (scorporo), che continua la medesima forma
pensionistica preesistente.
Quanto detto è avvalorato in
particolare dal tenore del citato art.12, comma 2 ultimo capoverso del D.M.
Lavoro 211/1997 che, oltre a prevedere espressamente il caso della
esternalizzazione della forma pensionistica, prevede altresì per i fondi
preesistenti la comunicazione delle modifiche apportate allo statuto anche
quando siano diverse da quelle relative alla sola forma giuridica; la norma in
parola, per tutte le ipotesi ivi contemplate, conferma l’applicazione del
particolare regime giuridico previsto dall’art.18 del d.lgs.124/93 per i fondi
preesistenti, in quanto compatibile.
4. Quesiti
concernenti i modelli gestionali
L’art.18, comma 1, del
d.lgs.124/93 dispone che alle forme di previdenza complementare che risultano
istituite alla data di entrata in vigore della legge 421/92, non si applicano
gli articoli 4, comma 4 e 6, commi 1, 2 e 3 dello stesso d.lgs. 124/1993.
Riguardo, in particolare, i
modelli gestionali, i fondi preesistenti a contribuzione definita possono
continuare a mantenere la loro forma di gestione delle risorse, non essendo
tenuti a seguire il regime di gestione convenzionale con uno dei soggetti
abilitati di cui all’art.6, comma 1; non sono neanche obbligati a provvedere,
mediante convenzione con impresa assicurativa, all’erogazione delle rendite
pensionistiche (art.6, comma 2); né sono tenuti, infine - per eventuali
prestazioni per invalidità e premorienza - a stipulare apposita convenzione con
impresa assicurativa; i fondi preesistenti a prestazione definita, possono,
infine, conservare, il regime gestionale loro proprio in quanto non sono tenuti
a stipulare convenzioni con imprese assicurative per continuare ad operare in
regime di prestazioni definite (art.6, comma 3) ma, al riguardo, l’art.18,
comma 8 dispone espressamente che non possono essere previste prestazioni
definite per i destinatari di cui all’art.2, comma 2, lett.a e (deve ritenersi) b-bis
iscritti, successivamente al 28. 4. 93 (data di entrata in vigore del
d.lgs.124/93), ai fondi preesistenti.
La norma citata dell’art.18,
comma 1 implica, di fatto, relativamente ai cc.dd. “vecchi iscritti” (cioè ai
soggetti destinatari iscritti anteriormente alla data del 28.4.93) che le forme
pensionistiche in parola possono, come già detto, continuare la gestione
diretta od anche indiretta (ma non conforme al modello tipizzato dal d.lgs.124)
delle risorse finanziarie già esistenti e di quelle derivanti dai relativi
apporti contributivi.
Di particolare
problematicità si presenta la questione relativa ai modelli gestionali che
possono essere adottati dalle forme pensionistiche preesistenti relativamente
ai “nuovi iscritti”, cioè ai soggetti destinatari che hanno aderito e
aderiscono ai fondi pensione successivamente alla data del 28. 4. 93 di entrata
in vigore del d.lgs.124.
In merito si osserva che la
norma dell’art.18, comma 8, concernente il regime giuridico dei nuovi iscritti
ai fondi preesistenti, deve essere letta tenendo conto della precedente
disposizione dell’art.18, cioè tenendo conto del comma 7 dello stesso articolo.
Quest’ultima norma infatti
dispone che, ai “vecchi” iscritti ai fondi preesistenti, non si applicano gli
artt.7, 8 e 13, commi 2 e 3, del d.lgs.124/93, non si applicano cioè le norme
che più direttamente riguardano i “destinatari”: le prestazioni cui hanno
diritto, i loro apporti finanziari, i relativi trattamenti fiscali.
Se si tiene conto di ciò, è da ritenersi che il comma 8, venendo
a disporre in merito al regime giuridico dei “nuovi” iscritti ai vecchi fondi e
precisando che ad essi si applicano le disposizioni stabilite nel d.lgs.124/93,
si riferisca alla sola applicazione delle disposizioni contenute negli artt.7,
8, e 13, commi 2 e 3, che erano state prima escluse per i vecchi iscritti.
In altri termini, si è
dell’avviso che i citati commi 7 e 8 dell’art.18, nulla dispongono quanto alla
forma giuridica e ai modelli gestionali del soggetto “fondo”; hanno, invece, la
funzione di discriminare l’applicazione delle anzidette disposizioni a seconda
se trattasi di “vecchi” o “nuovi” iscritti.
Ne deriva che le forme
pensionistiche preesistenti potrebbero continuare - anche relativamente ai
nuovi iscritti - a mantenere i modelli gestionali in uso.
Sarebbero, invece, tenute ad
istituire distinte gestioni, patrimonialmente separate, nel caso in cui il vecchio
fondo operi in regime di prestazione definita, il quale, per espressa
disposizione, come già detto, non può applicarsi ai nuovi iscritti appartenenti
ai destinatari di cui all’art.2, comma 1, lett. a e (deve ritenersi) b-bis, del d.lgs.124/93.
In ordine ai limiti e alle
condizioni che si ritiene incontrino le forme pensionistiche preesistenti ai
fini dell’adesione di “nuovi” destinatari, si rileva che, per i fondi aziendali
o interaziendali, riferiti ad imprese legate da rapporti di appartenenza allo
stesso gruppo, l’ambito dei “nuovi” aderenti si ritiene circoscritto ai
dipendenti (vecchi e nuovi) dell’azienda o del gruppo di imprese, che non
avessero ancora aderito al fondo pensione di che trattasi.
Per i fondi interaziendali
la cui istituzione trova fondamento in alcuni Contratti Collettivi Nazionali di
Lavoro di categoria, di solito limitati solo a specifiche figure professionali,
i “nuovi” iscritti vanno individuati nell’ambito dei dipendenti nei cui
confronti si applica il CCNL istitutivo del fondo.
Infine, per i fondi
interaziendali promossi da operatori od associazioni di categoria (compagnie di
assicurazione, brokers, associazioni territoriali di datori di lavoro, ecc...),
a cui le aziende hanno aderito con specifici accordi di lavoro, si ritiene che
i “nuovi” aderenti possano essere soltanto i dipendenti delle stesse aziende le
quali, alla data dell’entrata in vigore del d.lgs.124/1993, abbiano già aderito
ai suddetti fondi.
Quanto poi ai possibili
rapporti tra i modelli gestionali delle forme preesistenti e la banca
depositaria ex art.6-bis, si ritiene
che quest’ultimo istituto non trovi applicazione per le forme pensionistiche
preesistenti, in quanto la sua funzione si presenta come un necessario
corollario dei modelli di gestione canonizzati nel d.lgs.124/93.
In ogni caso si richiama
l’attenzione sulla necessità che vengano comunque adottate modalità operative
in linea con l’obiettivo di una sana e prudente gestione. Tale esigenza
potrebbe suggerire l’adozione dei modelli gestionali tipizzati dell’art.6,
comma 1, d.lgs. 124/1993 e della banca depositaria.
5. Quesiti su
norme fiscali
In relazione ai numerosi
quesiti pervenuti alla Commissione riguardanti l’interpretazione di norme
tributarie e fiscale, si sottolinea, per quanto possa occorrere, che
l’interpretazione di tali disposizioni non rientra tra le competenze della
Commissione, neppure nel caso di norme speciali riguardanti i fondi pensione.
6. Requisiti di onorabilità e professionalità
L’articolo
14, comma 1 del D.M. lavoro 211/97 stabilisce che per i componenti dell’organo
di amministrazione e di controllo e per il dirigente, comunque denominato,
responsabile del fondo sono richiesti i requisiti di onorabilità di cui al
precedente articolo 4,co.1, lett. a), nonché l’insussistenza delle cause di
ineleggibilità e di decadenza di cui alla lettera b) dello stesso articolo 4.
Nel
caso in cui i componenti dell’organo di amministrazione e di controllo non
possiedano i requisiti di onorabilità previsti, questi decadono immediatamente
e devono essere sostituiti nel più breve tempo possibile (art.14, co.2).
Malgrado
la norma non faccia esplicito riferimento al responsabile del fondo, si ritiene
che l’eventuale insussistenza dei requisiti di onorabilità in capo al
responsabile, debba, al pari dei componenti degli organi collegiali, comportare
la sua decadenza dall’incarico.
Il
comma 3 dell’articolo 14 del citato D.M. 211/97 richiede, per i componenti
degli organi di amministrazione e controllo i requisiti di professionalità
previsti nell’articolo 4, “nelle misure
ivi indicate.”
Più
precisamente , per quanto riguarda l’organo di amministrazione, almeno il
cinquanta per cento dei componenti, deve essere in possesso dei requisiti di
cui alle lettere a) o b) del predetto articolo, mentre la
rimanente parte deve, almeno, essere in possesso dei requisiti previsti alle
lettere c) e d) del medesima norma regolamentare.
Nel
caso di forme pensionistiche che assicurano prestazioni esclusivamente tramite
polizze assicurative (art 14 co. 3), i requisiti delineati alle lettere a) o b)
devono riguardare almeno un terzo dei componenti dell’organo
amministrativo, fermo restando quanto sopra detto in ordine ai requisiti che
devono avere i rimanenti componenti dell’organo stesso.
Quanto
ai requisiti di cui alla lettera a), si ritiene che il riferimento al settore
assicurativo possa comprendere anche le imprese di brokeraggio assicurativo. Si
è dell’avviso, inoltre, che l’espressione “funzioni
di carattere direttivo” presso
società od enti ecc..., si riferisca all’esercizio, in concreto,
dell’attività di direzione di un settore della struttura aziendale; appare,
altresì, necessario che le funzioni siano svolte con la qualifica formale di
dirigente o di funzionario.
Per
i membri dell’organo di controllo sono richiesti i requisiti di professionalità
previsti per i componenti dello stesso organo dei fondi di nuova istituzione
(art. 4, comma 4).
L’art.4, co.4 stabilisce che
i componenti dell’organo di controllo “devono
essere iscritti al registro dei revisori contabili istituito presso il
Ministero di Grazia e Giustizia”.
Detta iscrizione si ritiene
debba sussistere all’atto della verifica - prevista dall’art.12, co.2 del D.M.
in parola - dei requisiti soggettivi di professionalità da parte dell’organo di
amministrazione.
I
requisiti di cui all’articolo 4, co.2 lettere a) o b) si considerano
presenti ove i soggetti interessati, alla data dell’11 agosto 1997, risultino essere stati già membri dell’organo di
amministrazione per almeno un triennio; viene comunque consentito ai componenti
che siano in carica da almeno un anno la prosecuzione dell’incarico fino al
termine del mandato. In tal caso, il requisito di professionalità potrà
conseguirsi per effetto dell’ulteriore concreto esercizio delle funzioni
(artt.4, comma 2, lett. b, e 14,
comma 3, del D.M. Lavoro 211/97
Nel
caso in cui i componenti dell’organo di amministrazione non siano in possesso
dei requisiti di professionalità nelle misure previste, l’art.14, co.3
prescrive che “...gli organi devono
essere integrati nel più breve tempo possibile e comunque non oltre la prima assemblea. Analoga procedura si applica per
i componenti l’organo di controllo che non abbiano i requisiti di cui
all’articolo 4, comma 4.”
Si ritiene di interpretare
tale norma nel senso che, a differenza della mancanza dei requisiti di onorabilità
per cui è prevista l’immediata decadenza del componente dell’organo (art.14,
co.2), la mancanza del requisito di professionalità, in assenza della specifica
previsione di decadenza, consente al membro dell’organo collegiale in capo al
quale manca il requisito previsto, di rimanere in carica fino alla necessaria
integrazione dell’organo stesso.
La sostituzione del singolo
componente dovrà avvenire entro il termine stabilito dalla citata disposizione;
per le forme pensionistiche prive dell’organo assembleare, si ritiene
ragionevole che l’integrazione in parola avvenga comunque prima
dell’approvazione del bilancio dell’esercizio in corso.
Infine, quanto all’organo di
controllo, appare opportuno precisare che resta fermo l’effetto decadenziale
del singolo componente, previsto dall’art.2399 cod. civ., nei casi di “cancellazione o sospensione dal registro dei
revisori contabili”.
Roma , 26. 11. 97
[1] Eventualmente accompagnate
dal riscatto della posizione
individuale in caso di perdita del requisito di partecipazione alla forma
pensionistica prima di aver maturato il diritto alle prestazioni.