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Sfide e opportunità della comunicazione social per i Fondi di Assistenza Sanitaria Integrativa
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La comunicazione social di un fondo di assistenza sanitaria integrativa rappresenta una sfida molto complessa, che esula dalle mere competenze tecniche e dalla conoscenza delle piattaforme.
O meglio, queste conoscenze e competenze, da sole, non bastano.
Non è sufficiente, insomma, conoscere a menadito le funzioni di Facebook piuttosto che di LinkedIn per impostare una corretta strategia di comunicazione, a causa della natura stessa di questi enti.
Un brand interessato a creare e curare una presenza social efficace deve affrontare molti meno vincoli rispetto a un fondo sanitario integrativo, per varie ragioni che andremo ad analizzare in questo articolo.
1. I fondi hanno una struttura molto articolata
La prima ragione consiste, senza dubbio, nell’essenza stessa dei fondi di assistenza sanitaria integrativa.
A differenza di un’impresa convenzionale, infatti, queste realtà nascono dalla sinergia e dall’integrazione di anime differenti, di più voci, che rappresentano, a loro volta, una platea più o meno vasta.
Sindacati, associazioni datoriali, enti bilaterali, partner assicurativi, confluiscono all’interno di un unico grande contenitore, le cui istanze è complesso comunicare e diffondere.
In effetti, se gli interessi e le finalità sono le medesime per tutte le realtà coinvolte, spesso si può notare una differenza in termini di sfumature, di approcci, di punti di vista, di pattern decisionali, che non possono essere ignorati.
Non si può semplicemente costruire un contenuto e pubblicarlo sui canali social del Fondo di turno senza aver prima fatto un’analisi accurata e un’operazione, molto delicata, di disambiguazione.
Mi scuserete per la semplificazione estrema, ma è necessario per rendere chiaro il concetto: non si può pubblicare un contenuto che accontenta uno e scontenta l’altro.
2. Il target di riferimento è molto preciso
La comunicazione social, a prescindere dal settore d’intervento, si basa su un elemento molto importante: il target profilato.
Cosa vuol dire?
Con l’espressione target profilato s’intende l’individuazione di un pubblico destinatario della comunicazione e dei contenuti prodotti, che risponde a determinati requisiti.
Ora, per un brand convenzionale è relativamente semplice individuare il proprio target di riferimento; pensiamo, ad esempio, a un marchio di abbigliamento femminile per teenager.
È evidente che il target esclude alcune categorie, come gli adolescenti maschi, e include le ragazzine, ma non basta. Bisogna intercettare anche i genitori di queste adolescenti, magari con determinati requisiti in termini socio-economici, perché saranno loro, presumibilmente, ad acquistare il prodotto (o almeno a pagarlo).
Per un fondo sanitario integrativo, invece, è un po’ più complesso.
In effetti, non è sufficiente operare una distinzione di genere o di età, perché - in particolare per i fondi negoziali - ci si rivolge a una nicchia molto precisa, composta da lavoratori operanti in determinati settori e non in altri.
Insomma, non esiste un target trasversale quando si parla di questa tipologia di realtà.
Nonostante i moderni strumenti di profilazione del pubblico offerti dalle varie piattaforme siano molto precisi, non bastano. Non ci si può affidare solo ed esclusivamente ai dati delle piattaforme, è necessario operare anche in maniera autonoma, generando, cioè, database strutturati a partire dalle informazioni in possesso degli enti.
Ad esempio, si potrebbero estrapolare gli indirizzi email degli iscritti e creare un target basato sugli stessi, con l’obiettivo di intercettarli anche attraverso i contenuti social e le relative sponsorizzazioni, oppure installare un sistema di tracciamento degli utenti che visitano il sito web del Fondo per seguirli poi nella navigazione e sulle varie piattaforme social.
Questa operazione è detta, tecnicamente, retargeting e risulta molto efficace nel raggiungimento di molteplici obiettivi, tra cui riconoscibilità del brand, stimolo informativo, acquisizione lead, generazione traffico al sito, fidelizzazione dell’utente.
3. Il rischio dell'autoreferenzialità
Un nostro recente studio statistico - disponibile in allegato per i soci Mefop - ha evidenziato che la maggior parte dei fondi di assistenza sanitaria integrativa si scontra con un problema molto trasversale: la autoreferenzialità della comunicazione e dei contenuti.
I contenuti prodotti e veicolati sui canali social da questi enti sono spesso frutto di una comunicazione ombelicale, molto autoriferita, che si traduce in blandi comunicati stampa, dichiarazioni di questo o quell’esponente, con la naturale conseguenza di una scarsità di interazioni.
Prima abbiamo parlato dell’importanza del target di riferimento, e dell’individuazione del giusto pubblico a cui indirizzare le comunicazioni dell’ente.
Riprendendo l’esempio di prima, il brand di abbigliamento non ha difficoltà nel proporre, attraverso i canali social presidiati, le immagini dei propri prodotti, rischiando così di allontanare il pubblico. Anzi, con ogni probabilità, è esattamente ciò che il target si aspetta e desidera dal brand.
Purtroppo, anche il target meglio profilato del mondo può ignorare i contenuti del proprio fondo sanitario integrativo quando essi sono poco interessanti, autoreferenziali o, comunque, non rispondenti alle reali esigenze informative.
- Quali sono le domande che l’iscritto si pone?
- Quali sono le sue preoccupazioni, in merito alla salute?
- Quali sono le informazioni di cui ha bisogno?
- Quali sono i contenuti che preferirebbe trovare?
- Quale formato di contenuti preferisce?
Una comunicazione social efficace deve rispondere a queste domande, e strutturarsi intorno a esse.
Ad esempio, l’iscritto potrebbe preferire articoli informativi pubblicati sul blog dell’ente piuttosto che informazioni di servizio.
Senza analisi e sperimentazione, è impossibile ottenere risultati degni di nota dalla presenza social.
4. Il ruolo del contenuto informativo
Abbiamo fatto menzione, nelle righe precedenti, ai contenuti informativi, ovvero quei contenuti finalizzati alla diffusione di informazioni utili per il fruitore.
In questo processo risulta estremamente efficace la creazione di un blog o magazine, al cui interno pubblicare articoli informativi, guide, tutorial, news e approfondimenti, andando a individuare le domande frequenti che gli iscritti si pongono sui motori di ricerca.
Cosa vuol dire?
Ognuno di noi effettua decine e decine di ricerche su Google, o Bing, e lo facciamo nel momento in cui abbiamo bisogno di una risposta precisa a una domanda altrettanto precisa.
In effetti, mentre i contenuti di cui fruiamo sui social sono frutto di un’azione passiva - clicchiamo e interagiamo su ciò che ci viene proposto - sui motori di ricerca c’è un’azione diretta, attiva, finalizzata all’acquisizione di informazioni.
Ad esempio, se vogliamo sapere cosa sono i fondi di assistenza sanitaria integrativa, andiamo su Google e digitiamo “Fondi di Assistenza sanitaria integrativa”, ed il motore di ricerca ci restituisce dei risultati, che non sono lì per caso, ma presentano caratteristiche precise, frutto di un lavoro di scrittura e di ottimizzazione molto complesso.
Vediamo insieme un esempio pratico.
Ecco un articolo scritto da noi per il Fondo ASIM (i risultati variano nel tempo, a seconda dell’analisi da parte dell’algoritmo del motore di ricerca).
È evidente che questo tipo di attività possa generare traffico profilato, ovvero utenti in una fase preliminare di ricerca di informazioni su cosa sia e come funzioni un fondo di assistenza sanitaria integrativa.
Farsi trovare in questa fase può fare la differenza.
5. Presidiare i canali giusti
Nel nostro studio - disponibile in allegato per i soci Mefop - abbiamo notato l’assenza di presidio da parte di diversi enti di piattaforme che sarebbe errato escludere a prescindere, ma anche la presenza senza alcuna attività.
Non essere presenti su Instagram, Twitter o LinkedIn non è, infatti, un errore in senso assoluto, perché prima di presidiare un canale è opportuno verificarne l’utilità.
Se il proprio target di riferimento non è presente su Twitter, forse è il caso di destinare tempo e risorse ad altre piattaforme.
L’errore, semmai, è escluderlo a prescindere, ma ancora peggio è essere presenti senza produrre alcun contenuto, comportamento molto diffuso tra i fondi analizzati.
Infatti, mentre tutti hanno messo al centro della propria comunicazione social la Pagina Fan su Facebook, sono in pochi a utilizzare correttamente LinkedIn, Instagram, Twitter e YouTube.
Questo approccio denuncia l’assenza di una guida, di un professionista o di un team a cura della comunicazione social, lasciata in gestione a una risorsa interna non qualificata per questo tipo di attività.
6. Rendere semplice il difficile
L’ultimo elemento di valutazione relativo alla comunicazione social dei fondi di assistenza sanitaria integrativa è l’innegabile complessità dei temi a essi connessi.
Essi, infatti, hanno necessità di trattare patologie, condizioni cliniche, pratiche mediche, esami, tutti argomenti molto sentiti dagli utenti, ma decisamente ostici.
Il rischio, in questo caso, è di semplificare troppo l’argomento, banalizzandolo, o, peggio, travisandolo, provocando un danno enorme.
Prendere un argomento complesso e renderlo semplice, fruibile dall’utente medio, non è affatto semplice e quando si affrontano temi dai quali può dipendere la salute di un utente, la responsabilità è enorme.
Questa difficoltà spiegherebbe, almeno in parte, il perché della comunicazione autoreferenziale a cui abbiamo fatto menzione prima. In effetti, è molto più “sicuro” parlare di sé piuttosto che cercare di spiegare concetti complessi in modo semplice.
Conclusioni
Ancora oggi, purtroppo, nonostante il ruolo di primo piano che hanno assunto nello scenario dei mezzi di comunicazione, l’importanza della presenza sui canali digitali per gli enti del terzo settore è troppo spesso sottovalutata, anche dagli stessi organi di governo.
In realtà, questi canali si presentano come strumenti fondamentali per instaurare con gli iscritti un rapporto fiduciario e interattivo, generando valore per l’ente, che acquisisce visibilità, consolidando awareness e reputation, e per l’iscritto, che ha a disposizione un canale diretto e immediato per informarsi e avere supporto.
Gestire la comunicazione social di realtà complesse come i fondi di assistenza sanitaria integrativa richiede un impegno non indifferente.
Per questo motivo, il nostro consiglio è di affidare questo compito a persone e/o realtà davvero competenti, capaci di studiare in profondità le dinamiche che caratterizzano questi enti, andando oltre le conoscenze delle piattaforme social da presidiare.
Simone Carusi
Open-Box
Founder & CEO di Open-Box Srl. Esperto nel campo della comunicazione digitale e dell’Information Technology, da anni si dedica allo sviluppo di nuovi metodi e tecnologie per supportare la governance degli Enti del Welfare Contrattuale.