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L’attività di consulenza finanziaria nei fondi pensione negoziali
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In questo numero di Pillole di Previ|DATA si approfondisce il ricorso all’attività di consulenza finanziaria da parte dei fondi pensione negoziali.
Con la Delibera Covip del 16 marzo 2012, l’Autorità di Vigilanza ha definito i compiti e le responsabilità dei soggetti coinvolti nelle varie fasi del processo di investimento. In particolare, all’articolo 5, comma 2, lettera d), si definisce il ruolo degli advisor (la cui presenza è discrezionale), i quali forniscono una valutazione indipendente dell’andamento dei mercati finanziari e, interagendo con la funzione finanza, coadiuvano l’organo di amministrazione nell’impostazione della politica di investimento.
Mefop ha sottoposto ai fondi pensione negoziali (Fpn) un questionario per verificare le attività per le quali hanno fatto ricorso alla consulenza di advisor.
È emerso che tutti i fondi che hanno partecipato all’indagine si affidano a consulenti esterni.
Analizzando le consulenze relative all’ambito finanziario si osserva che le aree di intervento degli advisor sono 5: la definizione dell’asset allocation strategica (Aas), la selezione dei gestori finanziari, il controllo della gestione finanziaria, l’analisi Esg, la selezione dei Fia.
Il mercato è popolato da 14 soggetti (compresa la categoria “libero professionista”) per un totale di 114 consulenze prestate, con il primo operatore che copre circa il 43% del numero totale.
Delle diverse aree considerate, quelle cui si fa maggiormente ricorso all'advisor sono il controllo della gestione finanziaria (27 fondi su 32) e la definizione dell’asset allocation strategica (26 fondi su 32). Per le altre aree, 22 fondi richiedono un consulente esterno per la selezione dei gestori finanziari, 21 fondi per i temi Esg e 14 fondi per la selezione dei Fia.
Analizzando in dettaglio le aree di consulenza riguardanti la definizione dell’asset allocation strategica, il controllo della gestione finanziaria e la selezione dei gestori, le quali ricoprono circa il 70% delle attività di advisory, per tutte e tre le aree prese in esame si evidenzia come la tendenza generale sia quella di affidarsi ad un soggetto esterno (18 fondi su 32).
Tra questi 18 fondi, 14 si affidano allo stesso consulente per tutte le aree, 3 si avvalgono dello stesso advisor per la definizione dell’asset allocation strategica e per la selezione dei gestori ed infine, un solo Fpn ricorre allo stesso consulente per il controllo della gestione finanziaria e per la definizione Aas. Inoltre, due fondi ricorrono a due soggetti diversi per una stessa area, uno per il controllo della gestione finanziaria e l’altro per la definizione dell’asset allocation strategica.
Le consulenze di cui i fondi si avvalgono prevedono generalmente una prestazione continuativa (80 consulenze su 114), al contrario solamente 34 consulenze risultano essere richieste dai fondi nel momento in cui essi ne necessitano.
Spesso, l’area da affidare ad un consulente esterno influisce sulla durata della consulenza. Nello specifico, il controllo della gestione finanziaria prevede, nel 97% dei casi, una prestazione continuativa, analoga osservazione può essere fatta per l'area Esg (Environmental, Social e Governance) la cui attività è quasi sempre continuativa (20 su 21 consulenze). Diversamente per le altre aree di consulenza prevalgono incarichi una tantum.
Per quanto riguarda le remunerazioni, 104 consulenze su 114 sono caratterizzate da una remunerazione fissa, mentre solamente 7 consulenze prevedono una remunerazione variabile, tipicamente in funzione del patrimonio.
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