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A proposito del messaggio INPS n. 413/20
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Portabilità e conferimento: fattispecie diverse
Che il Fondo di Tesoreria[1] potesse essere “un formidabile alleato del lavoratore che intende conservare il regime di Tfr ex art.2120 nelle aziende con almeno 50 dipendenti”, posto che esso avrebbe potuto determinare “un significativo condizionamento psicologico sulle scelte dei lavoratori dipendenti, il tutto correlandosi per di più ad una non tanto peregrina ipotesi di potenziale contrasto fra l’azione del Ministero del Lavoro e quella del Ministero dell’Economia, curiosamente affidate entrambe allo stesso Ente, l’Inps”, risulta da due passaggi presenti in un mio saggio apparso nell’ottobre 2007[2], suscettibili di evolvere nel senso di ritenere questa alleanza come una forma di cattività alla luce del messaggio INPS n. 413, del 4 febbraio 2020. Un messaggio del quale - a parte il merito, di cui appresso - ci si chiede perché non sia provenuto direttamente dal MEF, in quanto titolare del Fondo, solo affidato in gestione all’INPS, o, almeno, non risulti essere il frutto di una concertazione.
Il messaggio - redatto in termini estremamente sintetici - si accentra, con scontata semplicità, su due punti:
a) il regime del TFR si esaurisce nella articolata disposizione dell’art. 2120 c.c., integrato dal riferimento all’art. 7 della legge 53/2000 (senza peraltro rendersi conto che proprio la seconda parte di questa norma presuppone una forte correlazione funzionale fra TFR e sistema pensionistico complementare);
b) il meccanismo escogitato mediante il Fondo di tesoreria, passando attraverso una modalità finanziaria a ripartizione - secondo una scelta del legislatore in termini non coerenti con il carattere di accumulazione a capitalizzazione individuale, sia pure virtuale, del TFR - assume la configurazione di una gestione previdenziale. Ne deriva, secondo il messaggio in esame, la ritenuta indisponibilità del TFR ai fini della portabilità quale regolata dall’art. 14 del d. lgs n. 252/05, anche in ragione di una mancata previsione della estensione del meccanismo in un – comunque denegato - rapporto fra Fondo di Tesoreria e fondo pensione di (successiva) appartenenza.
Occorre immediatamente evidenziare la deviazione concettuale che è alla base della prospettata soluzione negativa: fin nell’oggetto, ed a seguire nel suo svolgimento, il messaggio parla di portabilità, facendosi puntuale riferimento al citato art. 14 del d. lgs n. 252/05 (cfr. 2° periodo del paragrafo 2 del messaggio). Non è dato sapere se questa impostazione sia il frutto della errata formulazione delle richieste cui il messaggio risponde, ma è evidente che nella risposta si confondono fattispecie regolate dall’art. 14 (norma che in effetti troverebbe applicazione se la richiesta fosse rivolta a FondInps o a chi lo sostituirà), con atti di esercizio della facoltà di conferimento, inteso come atto di destinazione postumo - rectius, del TFR pregresso -, previsto dall’art. 23, comma 7bis[3]: il conferimento attiene strettamente al regime normativo del TFR, in quanto di per sé oramai suscettibile di destinazione a previdenza complementare, integrandosi la disciplina del TFR, sotto il profilo genetico, con quella dei fondi pensione.
Non automaticità delle prestazioni del Fondo di Tesoreria
A questa considerazione si aggiunge una ulteriore osservazione critica: l’INPS afferma il carattere della indisponibilità delle somme sulla base della configurazione della gestione di che trattasi come gestione previdenziale, imprimendo così alla erogazione del TFR la natura di prestazione previdenziale addirittura prospettando una sorta di automaticità ex art. 2116 c.c.. Seppure questa affermazione non valga a correggere la riferita confusione fra portabilità della posizione e conferimento del TFR, essa merita – nei limiti di queste poche pagine – una adeguata considerazione.
Certamente la previsione finale del comma 756[4], attraverso il rinvio normativo, connota come obbligazione di diritto pubblico, in quanto imposta dalla legge, la contribuzione al Fondo (in misura esattamente pari alla quota di accantonamento del TFR dedotto il contributo di cui all’art. 3, l. n. 297/82): ma deve porsi attenzione alla circostanza che detta contribuzione non viene qualificata come previdenziale in sè, posto che la norma si limita ad affermare che ad essa “si applicano” le disposizioni su accertamento e riscossione: una normativa, dunque, per relationem.
Di più, come accennato in apertura, la modalità di finanziamento a ripartizione lascia fortemente dubbiosi della congruità di un tale meccanismo nei riguardi di una misura che si caratterizza fin dal 1982 secondo i canoni della capitalizzazione individuale.
Da ultimo, l’affermazione della operatività del criterio di automaticità (limitata al periodo di non intervenuta prescrizione) è il frutto di un processo di superfetazione concettuale: il punto di partenza sta nella previsione (comma 756, pen. periodo) di un impegno del Fondo limitato “alla quota corrispondente ai versamenti effettuati al Fondo medesimo”, secondo una formulazione chiaramente ostativa dell’automaticità ex art. 2116 c.c. (ivi, notoriamente, si legge “salvo diverse disposizioni”, espressione che delimita la portata dell’eccezionale principio): sul punto, nel rispetto della gradazione delle fonti, non è dato riscontrare alcuna modificazione nel richiamato D. MinLav e MEF; nella circolare INPS n. 70/07 del 3 aprile 2007, par. 7.1. dedicato alle prestazioni, scompare la formula, sopra evidenziata, di cui al comma 756, ed appare invece il richiamo all’art. 2126 c.c., giustificato dal meccanismo di ripartizione[5]. Non è certamente un modello di correttezza nel rapporto fra fonti, e ciò mette in discussione la certezza del diritto, che sta alla base dell’affidabilità delle istituzioni: ma la gerarchia delle fonti non può che far prevalere la norma primaria, e dunque il c. 756 nella sua idoneità ad escludere l’applicazione dell’art. 2126 c.c. Se l’INPS dovesse effettivamente applicare il principio dell’automaticità in aggiunta alle risalenti garanzie disposte per la crisi d’impresa dalla l. n. 297/82, potrà porsi un problema di responsabilità contabile.
Conferimento del TFR pregresso : una opzione praticabile ed auspicata
Comunque, al di là delle considerazioni sulla natura del Fondo di Tesoreria, resta fondamentale il chiarimento in ordine alla totale estraneità della richiesta di conferimento del TFR pregresso rispetto al tema della portabilità, il che è ben chiaro anche nella determinazione di Covip del maggio 2014[6].
Messa dunque la questione sul giusto binario, occorre dare atto che il conferimento del TFR pregresso è comunque condizionato dall’accordo, seppure anche solo individuale, con il datore di lavoro: ma nel caso il datore di lavoro è baipassato dall’attrazione delle risorse nel Fondo di Tesoreria. Sta dunque al Fondo la possibilità, anche, di negare l’assenso al conferimento postumo, ed anzi avrebbe potuto semplicemente pronunciarsi in tal senso, senza particolari argomentazioni, sebbene fosse stato sollecitato da Covip[7] a chiarimenti che andassero, auspicabilmente, “nell’ottica della rilevante finalità sociale della previdenza complementare (così da consentire) ai lavoratori dipendenti di versare alla forma pensionistica complementare prescelta anche il TFR pregresso accantonato presso il Fondo di Tesoreria”. Ma come soggetto pubblico, avendo ritenuto di dare una risposta, dovrà verificarne la fondatezza e l’opportunità, oltre che alla luce delle pregresse considerazioni, anche tenendo conto della generale, non infondata, reazione negativa del sistema. Non basterà invocare la modalità a ripartizione e la presunta indisponibilità giuridica, posto che rispetto ad entrambe le argomentazioni, basterebbe adottare adeguati meccanismi di calcolo che tengano conto della probabilità di richiesta di conferimenti postumi (probabilmente modesta, a meno che non si verifichi la beffarda previsione finale di questa nota). Soprattutto – dal punto di vista della capienza finanziaria -, dovranno essere dissipate le ombre che si sono addensate sulla parallela gestione del Fondo per la gestione del TFS/TFR per i pubblici dipendenti in occasione della improvvida apertura a Pensione Quota 100[8] ed alla conseguente emorragia di uscite anticipate.
L’intera questione, pur nella sua modesta dimensione, è suscettibile di contenzioso giudiziario, che potrebbe perfino giungere al vaglio di legittimità costituzionale, nella consapevolezza dell’orientamento tendenzialmente favorevole delle decisioni della Corte in ordine al contenimento della spesa pubblica (cfr. da ultimo sentenza n. 213/18), ma anche nella convinzione che qui non si tratta di finanza pubblica in senso proprio, ma di gestione pubblica di risorse private.
Preoccupa la chiusura del messaggio, laddove si profila una sorveglianza speciale su chi avanza richieste “strane”. Chissà che non sia questo uno degli incentivi all’adesione alla previdenza complementare, proprio per evitare la captiva acquisizione del TFR al Fondo di Tesoreria: ovviamente, una volta smaltiti gli effetti finanziari del coronavirus.
[1] Istituito dall’art. 1, cc 755 ss l. n. 296/06, e poi regolato dal D. MinLavMEF del 30 gennaio 2007.
[2] Libertà della previdenza pensionistica complementare e irreversibilità della scelta di destinazione. Profili giuridici, in Osservatorio Giuridico Mefop, n. 15/2007, rispettivamente alle note 4 ed 11.
[3] La norma è riferita al TFR ante 31 dicembre 2006, ma la stessa Covip nella determinazione del maggio 2014 afferma la originaria riferibilità della facoltà (a parte il regime fiscale) anche alla accumulazione di TFR successiva a detta data, lasciando tuttavia impregiudicata la questione della destinabilità postuma del TFR acquisito dal Fondo di Tesoreria (ma vedi anche i riferimenti in corrispondenza di nota 7).
[4] “Al contributo di cui al presente comma si applicano le disposizioni in materia di accertamento e riscossione dei contributi previdenziali obbligatori, con esclusione di qualsiasi forma di agevolazione contributiva”
[5] Non sfugge a chi scrive che l’automaticità è un vantaggio per i lavoratori, ma esso – proprio per la sua eccezionalità – è rimesso alla discrezionalità del legislatore, e semmai la eliminazione della formula ostativa compete solo alla Corte costituzionale. Peraltro, va sottolineato che il legislatore ha inteso solo rafforzare l’obbligazione contributiva di cui trattasi, e non casualmente dispone proprio in questi termini, ma solo nel passaggio successivo alla esclusione dell’automaticità. Si aggiunga che il sistema delle garanzie per il TFR conosce già dalla legge 297/82 un meccanismo di derivazione europea.
[6] Quesito sul conferimento al Fondo pensione del TFR pregresso, in cui peraltro Covip si dichiara estranea a disciplina e funzionamento del Fondo di Tesoreria; ma qui si tratta della possibile alimentazione di fondi pensione, e lo stesso D. MinlavMEF dispone una rilevante sinergia fra Covip e Fondo di Tesoreria.
[7] Determinazione maggio 2014 cit.
[8] Per una riflessione sul significato dell’art. 23, c.3 del d. l. n. 4/19, e sulla necessità, per le erogazioni anticipate del TFS, di ricorrere alla costituzione di apposito Fondo di garanzia presso il MEF, operante “a prima richiesta, esplicita, incondizionata, irrevocabile.”, cfr il mio saggio, Nuovi modelli di protezione sociale fra istanze risalenti e pretese recenti: profili di criticità e problemi di finanziamento, in Mass. Giur. Lav., n. 3/2019 e qui specialmente pp. 653 ss.
Pasquale Sandulli
Pasquale Sandulli è attualmente Professore di Diritto del Lavoro nell’Univ. Europea di Roma, Previdenza complementare e Giustizia costituzionale del lavoro nella Luiss-Roma.
Tra i numerosi incarichi istituzionali, ha rivestito la carica di Esperto presso il Ministero del lavoro; componente del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale e membro del collegio di conciliazione ed arbitrato dell'Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica
É collaboratore scientifico di Mefop dal 2005 e attualmente fa parte del comitato direttivo della "Riv. Dir. Sic. Sociale”.