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Welfare Aziendale e partecipazione dei lavoratori: due “leve” per un nuovo Umanesimo delle imprese
- Welfare contrattuale e aziendale
- Altri Enti bilaterali
Nelle condizioni attuali l’operaio che senza»
interesse materiale o morale nei risultati della
produzione non dà se non quel tanto di lavoro
necessario a rivendicargli il salario pattuito, ha
nella compartecipazione uno sprone a produrre
«.maggiormente e meglio
Giuseppe Mazzini, “Interessi e principii”, 1836
Le trasformazioni del lavoro e della relazione tra impresa e lavoratori sono sempre più incentrate sulla necessità di contrattare innovazione organizzativa finalizzata agli incrementi delle performance. Ciò anche al fine di dare crescente rilievo al valore apportato da tutti (e da ciascuno) nell’organizzazione complessiva dei cicli produttivi, valorizzando le soggettività, le competenze e le capacità.
Queste trasformazioni, per potersi tradurre in efficaci pratiche d’innovazione nei luoghi di lavoro e poter accrescere la competitività aziendale richiedono, ad un tempo, gradi crescenti di partecipazione attiva da parte dei lavoratori (sempre più chiamati ad esprimere appieno il proprio potenziale umano e professionale ed a diventare “imprenditivi”, volendo richiamare un assunto recente del dibattito avviato nel settore metalmeccanico) e dosi non meno rilevanti di attenzione, da parte delle imprese, al rapporto esistente tra vita e lavoro, tra “bene-essere” e “bene-avere” dei propri collaboratori se si vuole che quel potenziale possa essere pienamente liberato.
Sono questi i campi d’azione, ma anche alcuni degli effetti, delle pratiche di Welfare Aziendale (WA) e di partecipazione diretta dei lavoratori all’organizzazione del lavoro.
Due sfide culturali (la prima sostanzialmente già vinta, la seconda ancora da vincere) che hanno come denominatore comune il sostegno di alcuni interessi dei lavoratori (e dei datori di lavoro più avveduti) che si pongono in stretta sinergia rispetto alle evoluzioni che, sul piano organizzativo, le imprese stesse sono interessate a realizzare. Si tratta, in sostanza, di rilanciare il valore del capitale umano senza il quale non c’è crescita, né reale sviluppo (tanto sul piano economico che sociale) e costruire condizioni di lavoro realmente inclusive e che, anche grazie a tale qualità, possano sostenere le trasformazioni in atto orientandole verso una maggiore produttività complessiva.
Il lavoro è uno strumento di realizzazione personale che plasma i caratteri e forma il nostro modo di relazionarci con gli altri e con la realtà cui apparteniamo; il lavoro è uno dei “luoghi” principali della fioritura dell’umano e se l’umano è oggi sempre più al centro della riorganizzazione del lavoro (proprio ed anche quale una delle conseguenze della cd. “Quarta Rivoluzione Industriale” che, se opportunamente “letta”, non scatena tecnofobie), non si vede come il crescente coinvolgimento attivo dei lavoratori, ossia appunto la partecipazione diretta, possa restare ancora a lungo oggetto di un eterno dibattitto senza diventare una prassi maggiormente diffusa.
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Giovanni Scansani
Docente a contratto in Università Cattolica, dove coordina il Laboratorio di Progettazione di Piani di Welfare Aziendale. Già CEO di società appartenenti a gruppi internazionali attivi nel settore dei servizi per il benessere individuale ed organizzativo è consulente di organizzazione del lavoro e welfare aziendale per imprese e P.A.. Giornalista pubblicista, collabora con testate specializzate in HR Management.