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La stagione del welfare aziendale nel lavoro pubblico

Giosuè Giardinieri
03 dicembre 2018
TEMI MEFOP
  • Bilateralità
  • Welfare contrattuale e aziendale
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  • Fondi sanitari

Il welfare aziendale è oramai un fenomeno di successo anche nel lavoro pubblico: per un verso, le spinte del Legislatore nelle ultime tre leggi di bilancio e, per l’altro, l’iniziativa della contrattazione collettiva nei rinnovi dei contratti per le amministrazioni centrali e locali, hanno finalmente valorizzato l’istituto anche all’interno della dimensione pubblica. Non si può cantare vittoria troppo presto, ma è interessante studiare il fenomeno del welfare aziendale nei suoi caratteri tipici e cercare di cogliere quali siano le prospettive future per una completa strutturazione nel lavoro pubblico, dopo i successi avuti con le esperienze delle imprese private.

Nella dimensione pubblica, il welfare aziendale si è diffuso solo di recente seppur con difficoltà nell’identificazione della sua natura giuridica e con la grande frammentazione degli strumenti attivabili.

La sola tipologia di welfare promossa in questa dimensione è, a differenza delle esperienze private, quella contrattuale e integrativa, cioè i benefits vengono riconosciuti sulla base di scelte concordate fra le parti della contrattazione: solitamente, il contratto nazionale di comparto indica le priorità, le macro voci e le risorse disponibili per le varie forme di strumenti, mentre la contrattazione di secondo livello regola la costruzione di piani di welfare aziendale e la distribuzione dei vari benefici, a seconda delle caratteristiche degli enti e delle aspettative dei dipendenti.

Il datore di lavoro pubblico, per sua natura prudente, ha potuto dare atto a queste sporadiche esperienze grazie al silenzio normativo nel settore del pubblico impiego. Nel D.lgs. n. 165/2001, infatti, sono rintracciabili solo i principi generali riguardanti la materia della gestione delle risorse umane improntata al benessere organizzativo (articolo 7, comma 1), ovvero sono definite le aree di competenza dei contratti collettivi nazionali e integrativi (articolo 40, commi 3, 3-bis e 3-quinquies) e si demanda ai primi la definizione della struttura contrattuale e delle dotazioni finanziarie dei secondi.

Pertanto, l’introduzione di istituti di welfare aziendale avviene o per diretta previsione del contratto collettivo nazionale o per iniziativa del contratto integrativo decentrato nei limiti delle risorse messe a disposizione per questo secondo livello di contrattazione, attraverso la concessione di benefici di natura assistenziale e sociale.

In secondo luogo, il novero degli strumenti attivati si rivela assai variegato e difficilmente sistematizzabile – la previdenza complementare è il primo di questi – e in molti casi non risulta essere stato seguito un processo analitico di costruzione dei piani di welfare aziendale, per cui particolari istituti sono stati previsti o per tradizione o per accoglimento delle volontà sindacali.

Le innovazioni introdotte con le leggi di bilancio per gli anni il 2016, 2017 e 2018 hanno modificato, in particolare, l’articolo 51 del TUIR per cui il paniere dei servizi riconosciuti ai dipendenti e oggetto di agevolazione fiscale per le imprese private risulta notevolmente ampliato, nonché hanno esteso l’esenzione dall’imposta per l’erogazione dei premi di produttività aziendali nel caso in cui questi siano erogati mediante strumenti di welfare aziendale.

Il Legislatore, però, si è dimenticato del welfare aziendale pubblico, lasciando alcune aperture dovute ad un vuoto normativo, che gettano le basi per il proseguimento della crescita dello strumento in esame. In particolare, il profilo soggettivo del welfare aziendale include anche i lavoratori pubblici, oltreché quelli privati, per i quali valgono le misure di agevolazione fiscale e contributiva in tema, non derivanti da trasformazione di premi di produttività in denaro. Poi, la dimensione entro la quale nasce il welfare aziendale e per cui si applica l’agevolazione fiscale può essere anche il contratto collettivo nazionale, quello integrativo o gli accordi interconfederali, che nella dimensione pubblica sono le sole fonti costitutive del welfare aziendale.

Infine, il welfare aziendale può generare agevolazione fiscale anche per il datore di lavoro pubblico nel caso in cui una quota della retribuzione accessoria riconosciuta al dipendente pubblico sia erogata sotto forma di servizi di welfare; in questa dimensione infatti il Legislatore ha escluso l’applicabilità del regime di agevolazione fiscale per i premi di produttività al settore pubblico.

Gli elementi per una piena affermazione del welfare aziendale pubblico ci sono dunque tutti e si deve agire su due linee direttrici: la prima consiste nel mettere a sistema gli strumenti disponibili e le esperienze praticate, la seconda intende raccogliere le pratiche di successo del privato per sperimentare nuovi benefit anche nella dimensione pubblica.

Infatti il welfare aziendale può porsi non solo come volano per la valorizzazione del benessere del lavoratore pubblico e della sua motivazione, ma anche e soprattutto come uno strumento del cambiamento organizzativo che si vuole mettere in atto nella pubblica amministrazione.

In questo senso sono di buon auspicio le disposizioni dell’articolo 80 del CCNL relativo al personale del comparto Funzioni centrali e dell’articolo 72 del CCNL relativo al personale del comparto Funzioni locali perché fissano con norma le macro aree di prestazioni integrative (sostegno al reddito della famiglia, supporto all’istruzione e promozione del merito dei figli, contributi a favore di attività culturali, ricreative e con finalità sociale, prestiti a favore di dipendenti in difficoltà ad accedere ai canali ordinari del credito bancario o che si trovino nella necessità di affrontare spese non differibili, polizze sanitarie integrative delle prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale) e le risorse finanziarie disponibili, che la contrattazione di secondo livello dovrà successivamente declinare.

 

Una versione più estesa del contributo verrà pubblicata in Prospettive n. 4/2018.
Il testo integrale è disponibile sulla pagina online della rivista Amministrazione in Cammino 
 
 

Giosuè Giardinieri

Policy Advisor e consulente di organizzazione, gestione, revisione e controllo per le pubbliche amministrazioni.
Ha collaborato con diverse aziende di consulenza private e pubbliche nella progettazione, nella realizzazione e nella revisione di interventi di politica industriale e del lavoro finanziati con fondi europei.
È Professional Fellow di ADAPT.