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I debiti previdenziali dei liberi professionisti: dalla rottamazione al saldo e stralcio. Facciamo il punto

Paolo Giuliani
01 aprile 2019
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Tra le iniziative che hanno caratterizzato i primi mesi del Governo gialloverde vi è stata l’introduzione di diverse misure di condono, alcune del tutto nuove (“il saldo e stralcio”), altre che hanno ripreso il contenuto di provvedimenti già adottati (la definizione agevolata e lo stralcio delle “mini cartelle”).

Le ultime misure di agevolazione sono state introdotte dal decreto legge 119/2018 “decreto fiscale” e dalla legge di bilancio 2019 e sono state ulteriormente modificate dal decreto legge n. 135/2018 “decreto semplificazioni”. L’entrata in vigore dei nuovi provvedimenti ha, tra l’altro, creato un complesso intreccio normativo originato dalla sovrapposizione con le precedenti misure agevolative.

Lo stralcio delle mini-cartelle

Con lo stralcio delle “mini cartelle” (d.l. 119/2018, conv. l. 136/2018) si prevede che i debiti, per contributi previdenziali, inclusi in carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, che al 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto) abbiano un importo residuo fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi e sanzioni, siano automaticamente annullati alla data del 31 dicembre 2018. Sulla portata della misura si è registrata una divergenza di opinioni tra l’Inps e il Mef in quanto il primo ha sostenuto che nell’importo debbano, comunque, essere computate le sanzioni maturate fino al 24 ottobre, mentre secondo il Mef la soglia deve essere individuata sulla base del valore originariamente affidato agli agenti.

In merito a questa operazione va registrata una importante novità costituita dal ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato da Cassa forense contro gli effetti del provvedimento e diretto ad ottenere nei confronti di Agenzia delle Entrate Riscossione, sia pure in via d’urgenza e inaudita altera parte, un ordine di prosecuzione dell’attività di riscossione dei “mini ruoli”. Le ragioni addotte dalla Cassa attengono a profili formali ma anche sostanziali evocati proprio attraverso il richiamo ai principi della sentenza della Corte Costituzionale n.7/2017. Si tratta di una vicenda giudiziaria allo stadio iniziale - il ricorso è stato accolto - sarà quindi necessario seguirne gli ulteriori sviluppi.  

Lo stralcio delle “mini cartelle” non è una novità per il sistema normativo italiano. Già la legge di Stabilità 2013 prevedeva, infatti, che i crediti di importo fino a duemila euro, comprensivi di capitale, interessi e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999, venissero automaticamente annullati. In merito all’applicabilità di questa disposizione nei confronti degli Enti di previdenza è sorto un contenzioso che, tuttavia, non ha prodotto un esito positivo per le Casse.

La rottamazione delle cartelle

La definizione agevolata delle cartelle di pagamento c.d. “rottamazione dei ruoli” ha, invece, lo scopo di condonare sanzioni e interessi di mora e consentire al contribuente il versamento rateizzato della sorte capitale.  La prima “rottamazione delle cartelle” è stata introdotta dal d.l. 193/2016 (convertito in l. 225/2016), la normativa presentava, tra l’altro, degli aspetti testuali che ne rendevano problematica l’applicazione nei confronti degli Enti di previdenza privati tanto che è stato necessario inserire una norma interpretativa “ad hoc” in un successivo provvedimento di legge.

Con la prima rottamazione si prevedeva che, per i ruoli affidati all’agente della riscossione, tra il 2000 e il 2016, i debitori potessero chiedere l’abbattimento delle sanzioni, degli interessi di mora e delle somme aggiuntive e versare la sorte capitale fino a un massimo di cinque rate con l’applicazione di un tasso di interesse di dilazione pari al 4,5% annuo.

Alla prima rottamazione ne è seguita una seconda (art. 1 d.l.  148/2017,  conv. in l. 172/2017) con la quale sono stati spostati i termini di dilazione della precedente (con lo scopo di  consentire il recupero delle rate scadute in precedenza) ed è stata introdotta una nuova procedura di definizione automatica riferita non solo ai debiti relativi ai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 2000 al 2016 ma anche a quelli affidati dal 1° gennaio al 30 settembre  2017. Sempre cinque le rate previste al tasso di interesse del 4,5%.

Alla prima e seconda rottamazione se ne è affiancata una terza (d.l.  119/2018 conv. in l. 136/2018) che riguarda i debiti  risultanti dai carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017. L’interessato aderendo a questa operazione evita di corrispondere gli oneri accessori e può pagare nel numero massimo di diciotto rate gravate questa volta da un tasso di interesse molto più vantaggioso pari al 2%. La normativa relativa alla “rottamazione ter” prevede che possano aderire alla nuova definizione anche coloro che sono decaduti dalla precedente prima definizione agevolata. 

Per quanto riguarda la definizione agevolata bis la situazione è, invece, più complessa in quanto, in base alla normativa relativa alla rottamazione ter, coloro che hanno aderito alla rottamazione bis ed hanno versato le rate dovute entro il 7 dicembre 2018 vengono automaticamente inseriti nella procedura della rottamazione ter  e possono versare il debito residuo in dieci rate gravate da un tasso particolarmente favorevole dello 0,3% annuo. Mentre chi abbia aderito alla definizione bis, e non abbia versato entro il 7 dicembre le rate di luglio settembre e ottobre, deve fare domanda di adesione alla ter e potrà versare il debito contributivo in 10 rate al tasso del 2%.

Il saldo e stralcio

Nell’ambito delle misure di agevolazione sopra descritte la vera novità, probabilmente quella che può essere ritenuta più invasiva dell’ambito di autonomia delle Casse, è il provvedimento di c.d. “saldo e stralcio”.

Si tratta di una previsione contenuta nella legge di bilancio 2019 in base alla quale i debiti risultanti dai carichi affidati all'agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 alla data del 31 dicembre 2017, derivanti dall'omesso versamento dei contributi dovuti alle Casse previdenziali professionali o alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi dell'Inps, con esclusione di quelli richiesti a seguito di accertamento, da parte degli iscritti che versino in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica, possono essere estinti attraverso la corresponsione di una somma determinata da utilizzare ai fini assicurativi secondo le norme che regolano la gestione previdenziale interessata.

È importante evidenziare la peculiarità di questa operazione che, diversamente dalla rottamazione, consente non solo di non versare gli oneri accessori – interessi di mora, sanzioni e somme aggiuntive -  e dilazionare la sorte capitale,  ma di corrispondere l’importo dovuto a titolo di sorte e interessi in misura ridotta riconoscendone la valorizzazione in termini pensionistici.

Deve d’altra parte segnalarsi che, almeno nel caso della Cassa dei dottori commercialisti, il Regolamento Unitario (art. 25, c. 5) non consente di riconoscere anzianità contributiva, ai fini pensionistici, non solo in caso di mancato versamento della contribuzione ma anche di versamento parziale della stessa.

Va altresì sottolineato che l’operazione di saldo e stralcio riguarda esclusivamente i casi di omissione contributiva pura e semplice mentre non è applicabile nell’ipotesi riconducibile alla evasione contributiva. Concorre ad avallare tale interpretazione il testo della norma che esclude dall’operazione i casi in cui i carichi contributivi siano richiesti a seguito di accertamento. Il riferimento all’accertamento richiama essenzialmente le procedure di contrasto all’evasione condotte dall’Inps ma deve essere esteso a tutti i casi in cui i carichi vengano affidati all’agente della riscossione anche dagli Enti di previdenza privati a seguito della verifica di una condizione reddituale non coerente con quanto dichiarato dall’iscritto. Su quest’orientamento vi è stato il consenso dell’Agenzia delle entrate con la conseguenza che le domande di adesione al saldo e stralcio provenienti da iscritti alle Casse saranno prima trasmesse alle stesse affinché sia possibile effettuare una preventiva verifica circa l’assenza di una procedura di accertamento/reintegro contributivo.

Per poter accedere al beneficio è necessario che il richiedente si trovi in una condizione di bisogno economico individuata sulla base del parametro dell’Isee del nucleo familiare dichiarato dal richiedente. Si prevede, quindi, che le somme affidate all’agente della riscossione a titolo di capitale e interessi possano essere estinte in misura pari a:

  1. al 16%, qualora l'Isee del nucleo familiare sia non superiore a euro 8.500;
  2. al 20% qualora l'Isee sia  superiore a euro 8.500 e non superiore a euro 12.500;
  3. al 35%, qualora l'Isee del nucleo familiare sia superiore a euro 12.500 e non superiore a 20.000 euro.

È prevista la possibilità di pagamento rateizzato (17 rate in cinque anni) degli importi, con l’applicazione di un tasso di interesse del 2%. È possibile l’adesione anche per chi sia decaduto dalla prima o dalla seconda rottamazione.

Nel tentativo di fornire, alla luce del quadro  normativo che caratterizza gli Enti di previdenza privati, una valutazione complessiva di tutti i provvedimenti di legge che si sono avvicendati, va innanzitutto segnalato che la materia del regime sanzionatorio e delle misure di condono per inadempienze contributive dovrebbero rientrare nell’ambito dell’autonomia degli Enti in questione  (art. 4, c. 6 bis del  d.l. 79/1997, conv. in l. 140/1997).

Le Casse hanno esercitato questa competenza adottando regolamenti sia in materia sanzionatoria che di condono o regolarizzazione delle posizioni debitorie degli iscritti. Del resto anche la giurisprudenza, in passato, ha ribadito la fonte legislativa di tale competenza, coerente, peraltro, con le finalità perseguite, in ragione della natura pubblica dell'attività svolta dagli Enti anche allo scopo di assicurare l’equilibrio del bilancio (Consiglio di Stato n. 3005/2004; Corte Cassazione n. 12208/2011).

Non si può, infine, non osservare che gli interventi legislativi di condono formalmente intervengono sui carichi affidati agli Agenti della riscossione ma, nella sostanza, finiscono per colpire l’attualità e la efficacia dell’obbligo di contribuzione degli iscritti, determinando  per di più una disparità di trattamento tra iscritti agli Enti che fanno ricorso alla riscossione dei contributi tramite ruolo e iscritti ad Enti che non utilizzano o non utilizzano più il ruolo come strumento di esazione.

Le varie misure di agevolazione poc’anzi illustrate sono state introdotte da norme di legge ordinaria. Si tratta, dunque, di provvedimenti che, secondo la gerarchia delle fonti, hanno la stessa forza giuridica delle disposizioni di legge che riconoscono agli Enti di previdenza privati  autonomia normativa anche in materia di sanzioni e condoni. Ciò detto, pur non volendo enfatizzarne eccessivamente la portata, anche in un simile contesto potrebbero essere richiamati alcuni principi generali contenuti nella sentenza della Corte Costituzionale n. 7/2017 che, seppur resa in materia di applicazione della spending review agli Enti di previdenza privati, richiama gli artt. 3, 38 e 97 della Costituzione a tutela:

  1.  del carattere mutualistico della struttura degli Enti scelto dal legislatore e caratterizzato da corrispondenza fra rischio e contribuzione e da una rigorosa proporzionalità fra contributi e prestazioni previdenziali;  
  2. dell’autonomia della gestione della contribuzione e della buona amministrazione della stessa indispensabile per il mantenimento di un sistema che deve autofinanziarsi e che è progettato e finalizzato all’equilibrio di lungo periodo;
  3. degli equilibri che costituiscono elemento indefettibile dell’esperienza previdenziale autonoma.  

Non è, dunque, ad avviso di chi scrive, così infondato chiedersi se i provvedimenti legislativi di condono intervenendo su tali equilibri non violino i medesimi principi.

 

 

Paolo Giuliani

Dirigente del servizio contributi e prestazioni dell’Ente di previdenza dei Farmacisti, lavora nell'ambito della previdenza privata obbligatoria da oltre venti anni. Pubblica sulle riviste edite da Mefop analisi giurisprudenziali e normative su argomenti di previdenza obbligatoria pubblica e privata. Ha collaborato per un triennio con l'Università delle Marche, presso la Facoltà di economia e commercio, nell'ambito dell'insegnamento del Diritto del lavoro. È un educatore finanziario iscritto all’Associazione Italiana degli Educatori Finanziari ed ha svolto il ruolo di docente in diversi corsi di formazione anche sul sistema degli Enti di previdenza privati. È stato docente accreditato per i corsi ECM dei farmacisti con riferimento alla regolamentazione della previdenza di categoria.