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Gli effetti previdenziali dell’esercizio di attività professionale in forma societaria
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L‘istituzione delle società tra professionisti (Stp), con l. 183/11 e d.m. 34/2013, è l’ultima tappa dell’abbandono del modello primo novecentesco che prevedeva l’impossibilità di esercitare attività professionali per le quali fosse obbligatoria l’iscrizione ad un Albo in forma societaria.
Questo modello è stato via via demolito attraverso la progressiva liberalizzazione del mercato dei “servizi professionali” quale conseguenza delle leggi del mercato stesso e di quelle comunitarie: a partire dalle professioni a maggior tasso di proiezione internazionale, quali ad esempio i servizi di ingegneria ed architettura.
Le modifiche regolamentari delle Casse per colmare il vuoto normativo
Senza ripercorrere le tappe della vicenda, interessa sottolineare come il legislatore non abbia adeguatamente affrontato gli aspetti previdenziali della questione, con la conseguenza che la legislazione non prevede disposizioni atte all’equiparazione dei proventi professionali societari a quelli professionali individuali o associativi con ciò: 1) pregiudicando il futuro previdenziale di tali soggetti che potrebbero non maturare montanti contributivi pensionabili in linea con la loro effettiva capacità reddituale; 2) ponendo a rischio le entrate contributive e, quindi, la sostenibilità previdenziale, delle Casse preposte alla tutela previdenziale dei liberi professionisti.
Ebbene, anche in questo caso, le Casse stanno dimostrando la loro lungimiranza e capacità di interpretazione della propria autonomia. Infatti: 1) le Casse delle professioni economico-contabili (Dottori Commercialisti, Ragionieri e Consulenti del Lavoro) hanno deliberato modifiche regolamentari, già in vigore, secondo le quali i proventi dei soci professionisti delle società sono equiparati – ai fini previdenziali – a quelli professionali, indipendentemente dalla qualificazione fiscale, con conseguente imponibilità ai fini previdenziali e piena valenza ai fini pensionistici; 2) il Comitato Nazionale dei Delegati di Inarcassa, la Cassa degli Ingegneri ed Architetti Liberi Professionisti, ha deliberato una analoga modifica regolamentare, di prossima entrata in vigore.
La contribuzione alla Cassa del professionista socio di STP
In forza di tali modelli regolamentari, ciascun socio di Stp iscritto ad un Albo professionale dovrà essere iscritto alla Cassa di previdenza della relativa professione, assoggettando i relativi redditi di capitale al contributo soggettivo (utile a pensione) e le Stp debbono addebitare alla committenza il contributo integrativo, computato sui corrispettivi rientranti nei volumi d’affari ai fini dell’Iva (interamente “professionale” per espressa disposizione normativa);
Quindi, in attesa che il Legislatore ed i Governi completino la definizione del quadro normativo di un modello societario introdotto nel 2011, i tecnici della previdenza delle Casse professionali, in pochi mesi, hanno individuato, affrontato e risolto un problema che ha una rilevante incidenza sui flussi contributivi. E lo hanno fatto utilizzando:
a) un meccanismo “neutro” rispetto alla normativa fiscale e, per ciò stesso, impermeabile alle sue variazioni;
b) approcci sinergici in grado di privilegiare la tensione al risultato rispetto ad ogni “istinto categoriale”.
Riccardo Pallotta
Esperto di ordinamento delle professioni e di previdenza professionale, collabora con la pubblicazione telematica IPSOA, per la quale scrive prevalentemente sulle predette materie.